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 2015  ottobre 27 Martedì calendario

Abbracci lungo il 38° parallelo. A 62 anni dalla divisione delle due Coree 389 abitanti del Sud hanno potuto rivedere i loro cari segregati al Nord

Sul filo del trentottesimo parallelo, che continua a dividere le due Coree, c’è aria di disgelo. Non tanto politico, quanto legato a vicende di cuore. Così 389 sudcoreani sono stati scelti per partecipare alle prime riunioni di famiglie separate dalla cortina di ferro. In tutto sono 65 mila le persone che sono state inserite nella lista d’attesa. È il caso di Lee Joo-kuk, 82 anni, che ha potuto riabbracciare finalmente suo fratello maggiore a 62 anni dalla separazione forzata dovuta alla guerra fra le Coree.
Era sicuro che fosse morto, tant’è vero che ogni anno la famiglia organizza una cerimonia di commemorazione. Poi, dopo tanto tempo, Lee ha saputo che invece era ancora vivo. Così l’anziano sudcoreano, a bordo di un mezzo della Croce Rossa, ha potuto attraversare la frontiera e ritrovare l’amato fratello.
La legge della separazione delle Coree è particolarmente dura: tra i due paesi non è ammesso alcun contatto, neppure telefonicamente o per posta. Però questa novità rappresenta, agli occhi di molti, in timido segnale di disgelo dopo un incontro diplomatico ad alto livello avvenuto in agosto. Secondo alcuni esperti, la Corea del Nord si sta rivolgendo ai cugini per cercare di rompere l’isolamento in cui è piombata, anche a causa dei rapporti difficili con l’alleato e protettore cinese. Se l’esperienza si rivelasse positiva, non è escluso che si possa arrivare a un vertice tra primi ministri, inaugurando una fase di relativa stabilità nell’area. Pechino si è detta favorevole a una riconciliazione tra le Coree, anche se recentemente i rapporti con Pyongyang si sono raffreddati proprio a causa del comportamento giudicato intollerante del dittatore Kim Jong-un. Gli esperimenti nucleari e le minacce hanno provocato il risentimento della comunità internazionale e Seul si è per l’ennesima volta irrigidita.
Anche gli Stati Uniti premono affinché si raggiunga un clima disteso in quell’area del mondo. Washington si è detta disponibile a far parte di un tavolo di negoziato, com’è avvenuto per Cuba e l’Iran, a patto che la Corea del Nord dimostri il suo impegno sul fronte del disimpegno nucleare. Una condizione, quest’ultima, che Kim Jong-un non sembra, per il momento, voler fare propria.