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 2015  ottobre 27 Martedì calendario

Per la successione a Blatter scende in campo l’ottavo candidato. Si chiama Gianni Infantino, sembra italiano ma è svizzero. La sua candidatura significa che, almeno per ora, Platini non è più in corsa

Gli uomini ci sono ma gli schieramenti sono tutti da definire e prima di passare, si spera, dalla politica al calcio ci sono ancora quattro lunghi e concitati mesi.
Otto candidature per la presidenza Fifa, si vede che il Supremo Blatter non può più riconfermare la poltrona: ai suoi tempi trovare un rivale era già troppo, trovarne uno reale era semplicemente impossibile. La nuova Fifa parte dai numeri, otto possibili presidenti e tra loro il segretario Uefa Gianni Infantino, la prova che in pochi credono al rientro di Platini. Non è detto che tutti gli interessati arrivino fino alle elezioni, più si definisce la strategia, meno è sensato disperdere il consenso.
Non è tempo di glorie
Ogni confederazione porta uno o più uomini, tranne il Sudamerica troppo provato dagli ultimi arresti che hanno azzerato la dirigenza. Zico si è fermato a 4 lettere di sostegno e ne servono almeno 5, forse non è tempo di leggende del pallone. Hanno un rapporto troppo alternativo con il denaro: Platini ha giustificato l’accordo sulla parola con Blatter dicendo che non si è mai occupato di contratti, Beckenbauer ha ammesso di essersi mosso con colpevole leggerezza sulla modalità di pagamento alla Fifa nel 2006 e di campioni svagati ne abbiamo avuti abbastanza.
L’Europa ha tre nomi in corsa, ma Infantino è quello che oggi ha l’appoggio di tutti i Paesi Uefa, Italia compresa. Il sostegno a Platini è caduto, lui non ha lasciato la campagna elettorale ma non può entrarci attivamente fino a che è sospeso. Il suo destino dipende dal verdetto. Ha perso il primo ricorso ed era quasi scontato, ora potrebbe spingersi al Tribunale dello sport, ma è difficile che il Tas ribalti una richiesta di attesa.
Per ora l’Uefa ha smesso persino di nominarlo. Infantino, il suo braccio destro, il burocrate dell’organizzazione, diventa protagonista. Mossa studiata, non si sa per arrivare davvero al 26 febbraio, giorno del voto, o per fare squadra e concentrare peso in attesa di capire verso quale candidato è meglio indirizzare i consensi.
Il consiglio non ascoltato
Due uomini forti: lo sceicco del Bahrein Salman bin Ebrahim al-Khalifa e il sudafricano Tokyo Sexwale. Uno si porta dietro l’Asia, «lo appoggiamo all’unanimità», quindi il povero principe Ali di Giordania, candidato del primo minuto, corre da solo o quasi. A Salman non mancano i voti, gli manca la reputazione. Viene da un Paese che non rispetta la libertà e secondo molte associazioni umanitarie ha chiesto l’arresto di tanti atleti che nel 2011 hanno manifestato contro il regime. Sexwale ha lottato contro l’apartheid, si è fatto 18 anni di galera con Mandela e ha guadagnato rispetto. Oggi però è un ricco signore prestato alla politica che sembra in cerca di nuove avventure. Gli altri sono outsider, Nakhid è disposto a fare tandem con Champagne (altro candidato europeo): «Sarebbe un ottimo segretario». Manovre in corso.
Quando Platini davanti a un caffè ha annunciato che voleva diventare capo della Fifa, Infantino lo ha sconsigliato. I guai erano già in vista. Le conseguenze hanno cambiato le elezioni. Vediamo se riescono a cambiare la Fifa.