la Repubblica, 27 ottobre 2015
Sull’Italicum Renzi deciderà dopo le comunali
ROMA.
Matteo Renzi si tiene aperte le due strade. Non esclude la conferma dell’Italicum così come è stato votato appena qualche mese fa. Ma, a prescindere dalle pressioni di Alfano e Verdini, è pronto a immaginare una modifica fondamentale: l’apertura al premio di coalizione o agli apparentamenti al secondo turno. I ricorsi ai tribunali, che finiranno alla Corte costituzionale, sono però destinati ad accelerare i tempi della decisione. Deve succedere tutto prima del referendum sulla riforma costituzionale (probabilmente ottobre 2016). Bisogna scegliere per evitare che si saldino le forze contrarie alla legge elettorale e quelle contro la norma Boschi che naturalmente coincidono e puntano al cuore del problema: indebolire Renzi, farlo cadere. Conterà soprattutto il risultato delle amministrative di primavera. Nel frattempo si scorrono i sondaggi.
Il tg di La7 ha diffuso ieri una ricerca secondo cui, con l’Italicum, oggi, al secondo turno Pd e Movimento 5stelle sarebbero divisi da un solo punto: 50,5 e 49,5. Più netto il distacco con il centrodestra tutto unito: 53,5 e 46,5. Numeri molto teorici visto che la legge non è neanche entrata in vigore. Un dato concreto e ponderabile arriverà dal voto per le grandi città (Roma, Milano, Torino, Napoli, Cagliari). Ma le ipotesi vanno messe ora sul tavolo, altrimenti il pressing interno ed esterno è destinato a salire. I ricorrenti, alla testa dei quali c’è Felice Besostri, sono gli stessi che condussero la battaglia contro il Porcellum. La sentenza sulla legge di Calderoli costrinse già allora a cambiare i piani di Renzi che immaginava un voto anticipato con quel sistema. Questo era emerso dalle giornate della Leopolda del 2013. Poi è arrivato l’Italicum che per il premier è un nuovo crocevia. Il presidente del gruppo Misto alla Camera Pino Pisicchi ha avuto modo di parlarne con il segretario del Pd e garantisce: «Non bluffa quando dice che non esclude una correzione».
Aspetta il momento giusto per decidere, ma l’attacco dall’esterno rischia di far male. Non a caso Pisicchio spiega: «Sarebbe bene parlarne in aula, non in altre sedi istituzionali». Anche il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi vuole che sia il Parlamento a valutare il provvedimento. Ricorda, il ministro, che «un controllo preventivo sulla costituzionalità dell’Italicum è già previsto nel testo della riforma costituzionale. I parlamentari hanno la possibilità di interpellare direttamente la Consulta». Dunque, i deputati e i senatori che hanno partecipato al coordinamento di Besostri, come D’Attorre, Fassina, o il Movimento 5 stelle che s’intesta l’idea del procedimento contro la legge possono aspettare l’entrata in vigore del testo Boschi e poi agire nelle aule parlamentari.
Ma è evidente che il tentativo è quello di accerchiare il governo dall’esterno, coinvolgendo i cittadini, alimentando comitati e associazioni, preparando la battaglia fuori da Montecitorio e Palazzo Madama per il no referendario di ottobre. Del resto, il ricorso ha il chiaro scopo di appoggiarsi alla precedente sentenza della Corte. L’Italicum non corregge infatti, secondo gli oppositori, i due punti chiave: quello dei nominati e quello dell’esagerato premio di maggioranza. Una correzione verso la coalizione o gli apparentamenti darebbe qualche certezza in più rispetto al premiomaggioritario. Ma c’è un altro tema scivoloso. C’è chi vorrebbe una soglia di validazione del risultato del secondo turno. Oggi si prende il premio anche se va a votare una cifra molto inferiore agli aventi diritto – spiega Pisicchio –. Bisognerebbe fissare un tetto di partecipazione, almeno il 50 per cento degli elettori attivi. È un nuovo possibile fronte per Renzi. Forse sono troppi per una legge già approvata. Ma il suo “vedremo” quando si parla di Italicum è sincero, non tattico. Anche i suoi dissidenti interni non aspettano altro: la coalizione sarebbe un’autostrada per la scissione del Pd e il timore, a quel punto, che potrebbero appoggiarla anche personalità come Roberto Speranza o Pier Luigi Bersani. Che, non va dimenticato, hanno disertato il voto finale sull’Italicum.