La Stampa, 27 ottobre 2015
Lo scontro nella maggioranza sul Fisco. Padoan difende la Orlandi, Renzi sì e no, Zanetti chiede una verifica di governo
Un sottosegretario all’Economia di un partito che conta su una manciata di deputati silura la direttrice dell’Agenzia delle Entrate. Il ministro dell’Economia, cioè il superiore del sottosegretario, interviene per smentirlo e per difendere la direttrice. Non contento, il sottosegretario chiede una verifica di governo al premier che è in viaggio tra il Sudamerica e Cuba. Questo, in estrema sintesi, il quadro di quanto sta avvenendo dentro il Tesoro nei delicatissimi giorni della legge di Stabilità, mentre si dibatte se l’innalzamento del limite dei contanti a 3 mila euro favorisca o meno l’evasione.
A pasticcio ormai compiuto, il ministro Pier Carlo Padoan non poteva fare altro che difendere la direttrice dell’Agenzia Rossella Orlandi ed esprimerle «immutata stima», dopo le pesanti accuse del sottosegretario Enrico Zanetti, fatte, però, non a titolo personale, ma tirando in mezzo il governo. La tesi del leader di Scelta Civica è chiara: Orlandi «non può continuare a esternare il suo malessere – dice a Repubblica – e a dire che l’Agenzia muore. Le dimissioni diventano inevitabili». Da settimane, mesi anche, Orlandi sta conducendo una campagna a difesa dell’Agenzia, colpita da un sentenza della Consulta, che ha ritenuto illegittima la promozione di quasi 800 funzionari a dirigenti senza concorso, così come prevede la nostra Costituzione per il pubblico. La metà di loro, 400, ha fatto ricorso. Dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, Orlandi si attendeva una sanatoria, un provvedimento del governo per evitare il collasso degli uffici. Ma il decreto non è mai arrivato. A dimostrazione, però, che, anche se tardi, quella ferita a una struttura fondamentale dello Stato ha l’attenzione del Mef, Padoan, nella stessa nota in cui smentisce Zanetti, non risparmia lodi alle «competenze» e «allo spirito di dedizione» del personale dell’Agenzia, «un patrimonio che il Governo intende salvaguardare». Il ministro, di fatto, blinda Orlandi dopo una giornata convulsa che ha visto la minoranza dem infuriata chiedere un intervento immediato di Padoan contro quello che il dem Roberto Speranza definisce «l’inaccettabile affondo di Zanetti», e «un segnale preoccupante che nel governo c’è chi lavora per allargare le maglie della lotta all’evasione».
Prima di replicare, Zanetti si prende il tempo di leggere bene la nota di Padoan, che lì per lì, in realtà, non gli ha fatto troppo piacere. Per Sc la questione è diventata politica. Zanetti, in corsa per un posto di viceministro, chiede «un incontro politico dirimente e chiarificatore» appena Renzi tornerà dal suo tour sudamericano. Non vuole che la sua passi come un’iniziativa solitaria. Ha parlato in nome del governo perché è tutto quello che ha fatto il governo, «dai trattati contro i paradisi fiscali, al reato di autoriciclaggio, al rafforzamento organizzativo dell’agenzia», che ha difeso da chi lo accusa di non combattere abbastanza gli evasori. Una difesa che Zanetti ritrova nelle dichiarazioni del premier dal Perù: «In Italia per anni si sono fatti convegni e discussioni, sul combattere l’evasione e ridurre le tasse – dice Renzi – Nell’ultimo anno e mezzo la svolta non l’ha data il governo, ma l’innovazione tecnologica, che può cambiare il fisco». Il premier parla di nuovi strumenti, e non cita mai Orlandi.