il Giornale, 24 ottobre 2015
«Vi manca la moglie? Votateci e ve la troviamo noi». L’arma segreta di Erdogan per vincere le prossime elezioni
A poco più di una settimana dalle elezioni legislative in Turchia, il partito del presidente Recep Tayyip Erdogan sfodera l’arma segreta: «Vi manca la moglie? Votateci e ve la troviamo noi». È stato il primo ministro uscente Ahmet Davutoglu a promettere la creazione di un’agenzia governativa per i cuori solitari. Nel corso di un comizio dell’Akp, il partito islamico moderato «Giustizia e progresso» nel quale milita assieme al capo dello Stato, il premier è partito dall’indubbio miglioramento delle condizioni socio-economiche dei turchi nell’ultimo decennio sotto la guida dell’Akp: «Avete un lavoro, un salario e cibo. Cosa manca? Una moglie. Noi vogliamo che la gente di questa terra si riproduca – ha apostrofato gli elettori di Sanliurfa, nella Turchia sudorientale –. Quando dite che avete bisogno di una moglie, andate dai vostri genitori. Se tutto va bene vi troveranno una sposa adatta. Ma se non ci riescono, chiedete a noi».
Davutoglu, che ha fatto carriera all’ombra di Erdogan, ha anche promesso un incentivo del 20% a carico del governo sulla somma che i giovani depositeranno in banca per preparare il matrimonio. Parole che hanno suscitato l’ilarità dei social media, ma hanno anche provocato reazioni politiche. Il deputato Eren Erdem del Partito popolare repubblicano (Chp) ha presentato un’interrogazione scritta nella quale chiede se, in caso di vittoria elettorale, il partito del premier programmerà rubriche matrimoniali su Trt (la Rai turca). «Stabilirete anche un ministero per gli Affari di cuore secondo la linea “zero problemi fra partner?”», ha ironizzato Erdem alludendo alla fallimentare politica «zero problemi con i vicini» ideata da Davutoglu quando ancora era consigliere di Erdogan per la politica estera (fra il 2003 e il 2009).
I toni leggeri della polemica non nascondono la grande tensione politica. Lo scorso giugno l’Akp ha perso le elezioni per la prima volta dal 2002. Ovvero ha conquistato il 40,8% dei voti ottenendo però «solo» 258 seggi al Parlamento, non abbastanza per un governo monocolore. A rovinare le festa sia il Chp (forte a giugno del 25% dei consensi), che sotto la guida di Kemal Kilicdaroglu si è mosso negli ultimi anni su posizioni progressiste, sia l’ingresso a sorpresa in Parlamento del Partito democratico del popolo (Hdp), formazione di sinistra su posizioni filo-curde, in grado per la prima volta di superare la soglia di sbarramento del 10%. Constatata durante l’estate l’impossibilità di formare un governo di coalizione con Repubblicani, con i filo-curdi e neppure con i nazionalisti laici del Mhp, Davutoglu ha chiesto a Erdogan di indire nuove elezioni. L’attentato di Ankara lo scorso 10 ottobre (almeno 95 morti durante una manifestazione per un tregua sul fronte interno con i curdi) assieme al pugno di ferro di Erdogan contro i media a lui ostili hanno solo innalzato la tensione. E non basterà una moglie fornita da Davutoglu a farla scendere.