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 2015  ottobre 24 Sabato calendario

Expo, una nuova azienza su dieci non arriverà al 2019. Nella peggiore delle ipotesi ne potrebbero fallire addirittura 3mila

Un’azienda ogni dieci delle 10 mila nuove società nate sull’onda di Expo 2015 non arriverà al 2019. Nella peggiore delle ipotesi potrebbero fallire addirittura 3 mila aziende. Per le altre al termine della manifestazione ci sono luci, ombre e possibili opportunità. Gli scenari sono tratteggiati nell’ultima analisi di Euler Hermes, che ha tracciato un primo bilancio, quando si è giunti quasi alla conclusione dell’esposizione universale il 31 ottobre.
Cosa succederà dopo? Il rischio di un aumento delle insolvenze tra le imprese nei settori legate all’appuntamento è quello principale, almeno nel breve termine.
Il picco dei fallimenti si avrà nel 2017, in particolare nel settore edile. Le chiusure, sottolineano gli economisti della società di assicurazione crediti del gruppo Allianz, dovrebbero comunque avvenire senza troppi traumi. Inoltre nel prossimo triennio dovrebbe continuare la diminuzione delle insolvenze, iniziata già quest’anno con un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi sette. Lo scarto di 2 mila possibili fallimenti tra lo scenario base e la peggiore delle ipotesi è principalmente legato a due fattori, spiega a MF-Milano Finanza l’economista Ana Boata, che ha curato l’analisi assieme al collega Andrea Pignagnoli.
Il primo è la destinazione d’uso delle aree che ospitano Expo. Il governo ha annunciato che una parte sarà destinata a diventare un centro scientifico per attività di ricerca e sviluppo. Una soluzione che potrebbe avere un risvolto positivo in termini di innovazione futura, in particolare nella manifattura. «Riteniamo che il settore agroalimentare, il tessile e la meccanica siano i principali vincitori», si legge nell’analisi. «L’impatto positivo sarà nel lungo termine», spiega Boata. «Nell’ultimo decennio la bassa spesa in ricerca e sviluppo, in media l’1,2% del pil, circa la metà di Francia e Germania, è stata una delle ragioni della bassa crescita della produttività. Affrontare questo nodo sarà di aiuto alla crescita potenziale».
L’altro fattore da tenere in considerazione concerne le previsioni economiche. Quelle di Euler Hermes sono più caute rispetto al consenso. La crescita del pil, comunque rivista al rialzo per via della domanda esterna, è stimata allo 0,7% nel 2015 e all’1,1% nel 2016. Nei calcoli non sono però stati però inclusi i numeri previsti dal Documento di economia e finanza e dalla manovra 2016, perché è ancora presto per valutare l’impatto delle misure previste. In questo contesto l’impatto di Expo sulla crescita italiana è secondo l’analisi dello 0,1% del pil. Volendo dare un’ulteriore quantificazione degli effetti della manifestazione sull’economia italiana, Expo ha contribuito per circa il 20% all’aumento dei guadagni derivanti da esportazioni nel 2015, raddoppiati rispetto all’anno passato. Il grosso della crescita è dovuto per gran parte all’euro debole e all’aumento della domanda nei principali mercati di destinazione per le merci italiane. Dall’inizio dell’esposizione, il primo maggio, sono però stati esportati 3,5 miliardi di euro in più di merci e 600 milioni in più di servizi. In particolare questi ultimi «sono senz’altro legati a Expo». L’ammontare totale dell’export di merci dovrebbe raggiungere quest’anno i 15 miliardi, rispetto agli 8 del 2014. Mentre per i servizi si parla di 6 miliardi contro 3.
Uno dei contributi dell’Esposizione all’economia sarà inoltre «incoraggiare sinergie tra le società italiane straniere». Pur posizionate meglio rispetto alle concorrenti estere nell’export, ma con la necessità di intercettare mercati non tradizionali, le piccole e medie imprese dovrebbero puntare sulla digitalizzazione. Peccano infatti di ritardi nelle vendite online rispetto ai concorrenti. Inoltre, secondo Euler Hermes, occorre agganciare il treno della collaborazione tra Paesi ispirandosi a politiche nazionali che potrebbero servire da modello, come lo sviluppo dell’industria 4.0 in Germania. Paese dal quale l’Italia ha già tratto lezione proprio sull’organizzazione di Expo.
L’esposizione milanese, a differenza di quanto successo ad Hannover nel 2000, ha raggiunto l’obiettivo di 20 milioni di visitatori. Le stime parlano di 6 miliardi di euro in utili dai flussi turistici, contro 3 miliardi di costi in infrastrutture. A beneficiare dei sei mesi di eventi è stato soprattutto il turismo, in particolare a Milano e nella zona dei laghi. «Le maggiori entrate hanno contribuito all ripresa del fatturato delle aziende nei servizi». La distribuzione e la vendita all’ingrosso hanno registrato un +4,2% nel secondo trimestre; l’alberghiero e i ristoranti un +2,9%; i servizi legati ai trasporti un +2,1%. Resta però il rischio di chiusure volontarie nel breve termine. Un bilancio che, per usare il titolo dello studio può considerare il dopo Expo come la fine della manifestazione oppure un nuovo inizio.