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 2015  ottobre 24 Sabato calendario

Ecco chi vince e chi perde con il cloud. Il successo di Amazon e Microsoft e la discesa libera di Ibm

Se il maquillage finanziario legato alla divisione in due società e il piano di buyback ha consentito alla Google di Larry Page di entrare nell’Olimpo di Wall Street superando la soglia dei 500 miliardi di capitalizzazione, i risultati dei colossi tecnologici comunicati questa settimana (con l’eccezione di Apple, che li renderà noti martedì 27) consentono di tracciare uno scenario interessante per l’intero settore.
Se infatti la bolla delle società basate a vario titolo sul concetto del social networking sta iniziando a evidenziare le prime e profonde crepe, come dimostrato dal caso di Dropbox, anche i modelli di business dei colossi con decenni di storia e profitti alle spalle stanno mostrando una resilienza ai cambiamenti decisamente differente a seconda dei casi.
Il caso più eclatante è quello di Ibm, che sotto la guida di Virginia Rometty sta mostrando uno stato di forma ben differente da quello dei precedenti ceo. Big Blue, come era una volta chiamata proprio per evidenziarne lo status di regina della tecnologia anche da un punto di vista finanziario, ha infatti deluso le attese degli analisti e del mercato comunicando martedì 20 il 14esimo trimestre con un fatturato in contrazione ed evidenziando così le grosse difficoltà incontrate nel corso dell’ennesimo cambiamento di pelle seguito che la sta traghettando, secondo il disegno di Rometty, verso la gestione dei sistemi complessi e basati sul cloud computing.
Una sfida sicuramente ambiziosa, che ha però causato nel frattempo non poche delusioni tra gli investitori, abituati a costanti incrementi tanto del titolo che dei dividendi e ora alle prese con un taglio delle previsioni per l’intero anno da parte del management della società. Nel terzo trimestre, Ibm ha registrato un fatturato pari a 19,28 miliardi di dollari, in calo del 14% dai 22,4 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. Il dato, che al netto delle fluttuazioni valutarie e di disinvestimenti è sceso dell’1%, ha deluso le stime degli analisti che si aspettavano vendite pari a 19,62 miliardi di dollari. Il segmento hardware ha visto i ricavi calare del 39% a 1,49 miliardi di dollari, la divisione global technology è scesa del 10% a 7,94 miliardi di dollari mentre il software ha registrato una flessione del 10% a 5,14 miliardi. I ricavi generati dai servizi alle imprese, infine, hanno subito una contrazione del 13% a 4,21 miliardi. Al netto di voci straordinarie gli utili per azione sono così scesi a 3,34 dollari dai 3,68 dollari dello scorso esercizio e sotto le previsioni di mercato di 3,3 dollari per azione, costringendo Ibm ad abbassare gli utili per azione per l’intero anno a 14,75-15,75 dollari rispetto alla precedente stima di 15,75-16,5 dollari. A giudizio di molti osservatori queste difficoltà sono legate da un lato a un certo ritardo nello sviluppo di una strategia centrata sul cloud computing, ovvero il nuovo paradigma dell’IT basato sull’acquisto di servizi strettamente legati alle necessità concrete invece della compravendita di hardware e licenze software, e dall’altro a un timing forse non perfetto come nel caso dei pc per la vendita dei server di fascia bassa a Lenovo.
Proprio il cloud è alla base del successo anche finanziario di Microsoft e Amazon, che hanno invece stupito positivamente il mercato con risultati trimestrali superiori alle aspettative. Amazon in particolare ha entusiasmato gli investitori comunicando non solo una crescita del fatturato del 23%, portando così a tre i trimestri in crescita consecutiva, ma anche un utile di 79 milioni, risicato ma decisamente più rassicurante rispetto al pareggio o alla perdita a cui il fondatore e ceo, Jeff Bezos (ora il terzo uomo più ricco d’America grazie all’impennata del titolo che capitalizza 300 miliardi), aveva abituato i propri azionisti in nome della continua espansione. Il colosso di Seattle è infatti riuscito a proseguire il proprio massiccio e ambizioso piano di investimenti strategici contenendo però al tempo stesso le spese generali, salite del 18% e in misura quindi inferiore ai ricavi. Alla base dei risultati finanziari c’è però la divisione Web Services, ovvero la vendita di servizi cloud ad aziende di ogni dimensione, dalle piccole e medie imprese sino alle corporation. L’offerta di capacità di calcolo e storage, che sostituisce quindi l’acquisto di server fisici con le relative licenze, ha generato nel trimestre un fatturato di 2,09 miliardi di dollari, in crescita del 79% e superiore ai 2 miliardi stimati dagli analisti, con un utile operativo di 521 milioni di dollari, praticamente uguale a quello derivante dall’e-commerce in Nord America. Ancor più incoraggianti per gli investitori, facendo segnare al titolo un balzo del 10% a Wall Street sino a sfiorare i 620 dollari, le previsioni per il trimestre in corso, che dovrebbe chiudersi secondo le previsioni di Amazon con un fatturato compreso tra 33,5 e 36,75 miliardi di dollari, superiore nella forchetta alta ai 35,16 miliardi stimati dagli analisti, e con profitto operativi tre 80 e 1.280 milioni, anche in questo caso superiori nella parte alta ai 591 milioni registrati lo scorso esercizio.
Cloud protagonista anche dei risultati trimestrali della Microsoft di Satya Nadella, impegnata come Ibm in un processo di profonda trasformazione che sta però in questo caso dando già i primi frutti. Nonostante il colosso fondato da Bill Gates stia ancora pagando la scelta fallimentare di acquistare la divisione dispositivi di Nokia, proprio le vendite del segmento cloud gli hanno permesso di battere le aspettative degli analisti e volare così a Wall Street, dove ha messo a segno venerdì 23 un balzo dell’8% sfiorando i 52 dollari. Sebbene il fatturato di Microsoft nel trimestre sia calato del 12% a 20,38 miliardi di dollari, gli utili operativi sono cresciuti del 2% a 4,62 miliardi proprio grazie al boom della nuova divisione Intelligent Cloud, cresciuta dell’8% e addirittura del 14% escludendo l’impatto del cambio del dollaro sulle altre valute. Una crescita fondamentale per la nuova Microsoft, anche se per il momento insufficiente a compensare il forte calo (-17) della divisione Personal Computer, ovvero il tradizionale bastione delle licenze Windows.
In attesa dei risultati di Apple, è invece ancora presto per valutare appieno le prospettive di Google, che solo da gennaio consentirà agli investitori di vedere con chiarezza i risultati del business tradizionale, ora concentrati in Alphabet, da quelli delle nuove attività. Sicuramente però la politica di distribuire parte dei 73 miliardi in cassa sotto forma di stock option è stata gradita dal mercato.