il Fatto Quotidiano, 24 ottobre 2015
La versione di Marino. Secondo il sindaco alla Taverna degli amici non c’era la moglie, ma Claudia Cirillo, una sua ex collaboratrice; al Girarrosto toscano non era con la famiglia perché madre moglie e figlia erano a Milo quel giorno; ai Tre Galli non ci andò con Don Damiano ma con l’assessore di Novara e poi ammette di non aver pranzato in compagnia dell’ambasciatore del Vietnam. Ma non ricorda chi fosse il commensale
C’ero io con Marino alla cena del luglio 2013 alla “Taverna degli amici”. Parla Claudia Cirillo, un’ex collaboratrice del sindaco di Roma. A quel tavolo, quindi, non c’era la moglie del primo cittadino. La prova che serviva a Ignazio Marino per giustificare ai magistrati la più discussa delle cene pagate con la carta di credito del Comune che hanno portato alle sue dimissioni, è arrivata ieri pomeriggio. Cirillo ieri è stata chiamata nello studio del professor Enzo Musco, legale di Marino, dove le sono state fatte delle domande nell’ambito delle indagini difensive. Il verbale verrà depositato la prossima settimana ai pm Alberto Caporale e Roberto Felici, titolari del fascicolo sulle spese con carta di credito del Comune, aperto dopo una denuncia dei 5Stelle e di Fratelli d’Italia.
La cena della quale parla la donna è quella del 27 luglio scorso, diventata imbarazzante per Marino dopo che un ristoratore della “Taverna degli amici” ha raccontato a Repubblica che quella sera d’estate l’ex sindaco aveva cenato con sua moglie. L’oste ricordava anche il vino ordinato: “Una bottiglia da 55 euro, uno Jermann vintage tunina”. Questo pasto è costato 120 euro, il giustificativo agli atti del Comune lo definiva come “una cena offerta per motivi istituzionali a un rappresentante del World Health Organization”.
Davanti ai magistrati capitolini, però, Marino ha spiegato che “i giustificativi di solito ricollegano la causale della cena all’ultimo appuntamento della giornata programmato nell’agenda del sindaco”. Poi ha aggiunto che con lui quella sera non c’era la moglie, ma Claudia Cirillo. All’avvocato Musco, la donna ha detto di ricordarsi di quella cena, organizzata “per discutere di una collaborazione all’interno dell’amministrazione capitolina”. Il sindaco voleva coinvolgerla – dice Cirillo – nel progetto sulla creazione della città della scienza. Cosa che poi in effetti avvenne: “Dopo alcuni mesi sono stata nominata membro del comitato tecnico per la definizione dei contenuti della città della scienza di Roma”. Circostanza che la donna ha potuto ricostruire “attraverso l’esame di uno scambio di mail” tra lei e Marino.
Questa non è l’unica cena che viene contestata al sindaco: in totale si tratta di sei fatture sulle quali ha cercato di fare chiarezza. Ai pm ha spiegato anche quella del 4 maggio 2013 ai “Tre galli” di Torino da 125 euro. Pagamento che nei giustificativi si diceva relativo a “una cena offerta per motivi istituzionali a don Damiano Modena, incontrato ad Alessandria in occasione della presentazione del suo libro”. Don Damiano, al Corriere della Sera, ha smentito l’ex sindaco, negando di aver cenato con Marino. Il Fatto ha poi scoperto che invece al tavolo c’erano quattro persone. L’ex sindaco, infine, ha ammesso con i pm che Don Damiano non c’era, ma era a tavola con “l’assessore di Novara, Sara Paladini, una persona che lo aveva accompagnato in auto per tutto il giorno e uno del suo staff”. Il Fatto ha contattato l’assessore Paladini per chiedere conferma della sua presenza: “Si è vero. Eravamo andati alla presentazione ad Alessandria per il libro. Al ritorno il sindaco dormiva a Torino e ci siamo fermati a mangiare”. Chi erano gli altri invitati? “C’era una persona che è andata via, un addetto stampa e una persona che ci ha accompagnati nei trasferimenti”.
Tra le altre cene sospette che Marino ha cercato di ricostruire, c’è quella del 26 dicembre 2013 al “Girarrosto Toscano”, a Roma. In base ai giustificativi quella sera avrebbe cenato con “rappresentanti della stampa, incontrati per illustrare le iniziative dell’Amministrazione a carattere sociale per il periodo natalizio”. Ai magistrati, l’ex sindaco ha spiegato che non c’era la famiglia con lui, come invece è stato scritto sui giornali: la madre, la moglie e la figlia il giorno di Santo Stefano di quell’anno si trovavano a Milo, in provincia di Catania. Lui però era rientrato per impegni istituzionali, anche se non ricorda con precisione chi ci fosse quella sera. Lo stesso per il banchetto del 6 settembre 2013, sempre al “Girarrosto Toscano”. Marino in questo caso ammette di non aver pranzato in compagnia dell’ambasciatore del Vietnam. Ma non ricorda chi fosse il commensale.
Le versioni fornite adesso sono al vaglio dei magistrati, che le confronteranno con quelle di ristoratori e collaboratori, i quali verranno ascoltati come persone informate sui fatti.