il Messaggero, 25 ottobre 2015
Le cinquanta nazioni fantasma. Dalle isole Mayotte a Vemerana, da Cipro del Nord e Varosia, tutti gli stati che rivendicano la loro indipendenza pur non essendo riconosciuti a livello internazionale
«Chissà cosa avrebbe scoperto Colombo se non ci fosse stata l’America a sbarragli la strada», diceva uno che di viaggi (immaginari) se ne intendeva, Jonathan Swift. Oggi ci sono poche cose che restano da scoprire. Una mappa, reale o virtuale, contiene qualsiasi risposta alle nostre domande. E, spesso, si ottengono anche risposte non richieste, si aprono finestre inaspettate, consigli per gli acquisti. Ma ci sono molte cose che le moderne carte geografiche non dicono. Ci sono frontiere non tracciate, popoli non registrati, desideri di libertà neppure considerati. «Per i paesi contemporanei – scrive Nick Middleton inAtlante dei paesi che non esistono, appena edito da Rizzoli – i confini sono importanti. rappresentano la “pelle” di uno stato, i limiti del suo controllo territoriale». In definitiva, «giocano un importante ruolo simbolico nel costruirne l’identità». Per questo Middleton ha deciso di compilare una lista (assolutamente non esaustiva) di cinquanta aspiranti stati nazione, «ciascuno con la sua bandiera e la sua legittima rivendicazione di un territorio». Entità anomale che, per una serie di motivi, non sono riuscite a superare l’esame e ad entrare «nel club esclusivo dei paesi riconosciuti a livello internazionale».
Forse, bisognerebbe accostarsi a una mappa per leggere soltanto ciò che la mappa non dice. Il paese (o isola) che non c’è diventa quindi una scommessa perduta, un fallimento geopolitico, un azzardo sbagliato. Middleton, professore di geografia a Oxford e autore di popolari libri di viaggio, ci porta dalla Crimea al Tibet, dall’Isola di Pasqua alla Rutenia – che fu Repubblica solo per un giorno – in un viaggio che sembra più appartenere alle Città invisibili di Calvino che alla storia di oggi.
INDIPENDENZAIn alcuni casi, raccontare la storia di un non-stato richiederebbe lo spazio di un altro libro. È il caso di Mayotte, isola delle Comore, a due passi dal Madagascar, che riuscì a eludere l’indipendenza dalla Francia e a restare un remoto territorio d’Oltremare. E che dire dell’Isola di Man, a poche miglia dalle coste britanniche? Qui sono gli abitanti a scrivere le loro regole, decise dal parlamento di Tynwald. Autonoma, seppur dipendente, da Londra, non fa parte né del Regno Unito né dell’Unione europea. Vanta un primato: il voto alle donne, concesso nel 1881. Rapa Nui, in mezzo al Pacifico, detta anche isola di Pasqua, o isola-della-fine-del-mondo, è nota per l’enigma racchiuso dalle sue gigantesche statue, i Moai. Lontana 3.800 km dal Sudamerica e 2.500 dalla Polinesia, è stata presa in possesso dal governo cileno nel 1888. Il cosiddetto “accordo di volontà” (ma di chi, e come?) con il re di Rapa Nui, con due testi differenti. In quello spagnolo i capitribù concedono la sovranità dell’isola al Cile, mentre nella versione in lingua locale il Cile si propone come “amico dell’isola”. Un classico caso di lost in translation.Ci sono poi isole, come Vemerana, nell’arcipelago di Vanuatu, che non ce l’hanno fatta a staccarsi. Abitata da 40mila persone, capitale Luganville, fu indipendente solo per pochi mesi, nel 1980. Un sopravvissuto ai campi di concentramento, il libertario americano Michael Olivier e un guidatore di ruspe, Jimmy Stevens, che divenne un grande oratore capace di infiammare le folle, si misero alla testa di un esercito armato di archi e frecce, e rivendicarono la sovranità del territorio. I francesi riconobbero l’indipendenza; gli inglesi no. Ma intanto, l’arcipelago nel suo insieme fu riconosciuto da molti Paesi e il nuovo governo di Vanuatu fece arrestare Stevens.
UTOPIALa nazione più utopica è invece quella di Elgland-Vargaland. Proclamata nel 1992, comprende tutti i confini tra le nazioni ed è sempre rimasta soltanto un sogno. Concepita da due artisti, Leif Elggren e Carl Michael von Hausswolff, che cominciarono a rivendicare lembi di terra non rivendicati da nessuno. Nel decimo anniversario del “regno”, questi originali svedesi furono arrestati in Estonia: avevano con sé soltanto i passaporti del loro paese fittizio.
Esistono regioni, come l’autoproclamata Repubblica di Cipro del Nord, che sono riconosciute soltanto dagli occupanti – in questo caso la Turchia. Simbolo di un cambiamento epocale, e ancora senza soluzione, è la città fantasma di Varosia, abbandonata dagli abitanti greco-ciprioti nel 1974, e congelata com’era nel giorno in cui vi piombarono i primi paracadutisti. Alberghi abbandonati, devastati, una concessionaria d’auto che espone ancora le automobili del tempo. Oggi nessuno prende il sole sulle sue spiagge dorate.
La Crimea ha proclamato la sua indipendenza quattro volte nell’arco di un secolo. L’ultima volta è stata il 17 marzo dell’anno scorso. La secessione dall’Ucraina è durata soltanto un giorno; poi questa penisola che ospita un’importante base navale ed è stata riassorbita dalla Madre Russia. Il resto è storia dei nostri giorni.