Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 25 Domenica calendario

Travaglio: «Ad Alfano ci vuole coraggio e una certa faccia per attaccare i magistrati invece di fare autocritica. È un modo ottimo per sviare l’attenzione, ma nessuno si illuda che non ce ne siamo accorti»

“Ci vuole coraggio e una certa faccia per attaccare questo governo, invece di fare autocritica per quanto successo a Palermo. È un modo ottimo per sviare l’attenzione, ma nessuno si illuda che non ce ne siamo accorti”. Chi parla è Angelino Alfano, segretario di Ncd e – come se non bastasse – pure ministro dell’Interno del governo Renzi. Il quale, come accade ai dissociati che faticano a mettere in piedi non dico un ragionamento, ma pure una frase di senso compiuto, confonde le mele con le pere. Rodolfo Sabelli, presidente dell’Associazione nazionale magistrati e bersaglio della sua intemerata, ha fatto osservare nella sua relazione congressuale che l’uscita di B. da Palazzo Madama e da Palazzo Chigi non ha modificato l’agenda del governo sulla giustizia. Lì lo sport più praticato continua a essere la caccia ai magistrati indipendenti, in forme meno plateali ma ancor più insidiose di prima.
Qualche esempio: la campagna sul taglio delle ferie contro le toghe fannullone (mentre quelle italiane sono le più produttive d’Europa); la nuova responsabilità civile (gli imputati possono denunciare il loro pm o il loro giudice anche durante l’inchiesta o il processo); il blocco della tanto strombazzata riforma della prescrizione e delle annunciate norme antimafia; la legge delega per il bavaglio alla stampa sulle intercettazioni; i continui regali agli evasori fiscali (soglie di impunità per i delitti tributari, pagamenti in contanti fino a 3 mila euro, via il divieto di pagare gli affitti cash). E poi le riforme col buco – tutte chiacchiere e neppure un distintivo – su falso in bilancio, autoriciclaggio, corruzione, concussione e voto di scambio; i continui decreti salva-Ilva per neutralizzare le ordinanze dei giudici di Taranto; l’accusa ai pm che indagano sui crimini delle grandi aziende di danneggiare l’economia (mentre in America la magistratura mette in ginocchio un colosso mondiale come Volkswagen). Dinanzi a questi dati di fatto inoppugnabili sulla politica del governo e della maggioranza in materia di giustizia, il cosiddetto ministro dell’Interno cita un fatto che non c’entra nulla, e anzi dimostra il contrario di quel che lui vorrebbe dimostrare: quello della giudice Silvana Saguto, presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, indagata a Caltanissetta per corruzione e abuso d’ufficio per invocare non si sa bene quale “autocritica” dell’Anm: come se la Saguto l’avesse scoperta e indagata Alfano, e non i magistrati.
Anche in questo caso le toghe dimostrano di saper fare pulizia al proprio interno (infatti la Saguto cercava protezione dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, non nuovo alle cronache giudiziarie: nessuna autocritica dal governo?). Quando i magistrati scoprono un collega che ruba, lo mettono sotto inchiesta e – se necessario – in galera. Quando i politici scoprono un collega che ruba, lo coprono e lo salvano. Prendiamo Angelino Jolie. Nel 2008 dichiara, restando serio: “Sono unilateralmente innamorato di Silvio Berlusconi”. E, da ministro della Giustizia del terzo governo B., mette la sua firma sotto il “lodo” che sospende i processi alle alte cariche dello Stato: purtroppo glielo cancella per metà la Consulta perché è incostituzionale e per metà glielo radono al suolo gli elettori nel referendum perché è una schifezza. Ci riprova con la legge bavaglio sulle intercettazioni e gliela blocca persino uno che firma tutto, Giorgio Napolitano, perché è un obbrobrio. Ritenta col “processo breve” (cioè morto) e la “prescrizione breve”, ma non riesce neppure a farli digerire da tutto il centrodestra perché il troppo è troppo.
Nel governo Letta passa all’Interno e dal suo ufficio i suoi sottoposti organizzano il sequestro e la deportazione in Kazakhstan di Alma Shalabayeva e della sua bimba di 6 anni, moglie e figlia di un dissidente, ma lui si salva con un alibi di ferro: non s’era accorto di nulla. “Se sapeva è grave, ma se non sapeva è gravissimo”, dice Renzi, ancora sindaco di Firenze. Infatti, appena fa il suo governo, conferma l’Ignaro al Viminale. Nel frattempo Jolie ha difeso a spada tratta l’amato Silvio dopo la condanna definitiva per frode fiscale: “Berlusconi è come Gesù, linciato senza giusto processo” (Libero, 23.8.2013). Ed è salito più volte al Quirinale in pellegrinaggio da Napolitano per perorare la grazia. Poi B. ha mollato le larghe intese e Alfano l’ha tradito per conservare la poltrona, fondando un partito, Nuovo Centro Destra detto anche Nuovo Centro Detenuti per l’altissima densità di inquisiti e arrestati (23 parlamentari su 69 iscritti a Ncd-Udc), che riesce addirittura nell’impresa di ripulire Forza Italia.
Due ministri Ncd, Maurizio Lupi e Nunzia De Girolamo, finiscono nei guai con la giustizia e devono lasciare i rispettivi ministeri. I sottosegretari alfanei Giuseppe Castiglione e Simona Vicari sono indagati, l’uno in Mafia Capitale per turbativa d’asta sull’appalto del Cara di Mineo, l’altra per falso in varie visite in carcere a Cuffaro per favorire i suoi affari, ma restano al loro posto. I senatori alfanoidi Antonio Azzollini e Giovanni Bilardi devono essere arrestati, l’uno per una mega-bancarotta fraudolenta in Puglia e l’altro per le spese pazze in Calabria (peculato), ma i comparielli in Senato salvano il primo dalle manette e sul secondo si dimenticano proprio di votare. Ad Alfano ci vuole coraggio e una certa faccia per attaccare i magistrati invece di fare autocritica. È un modo ottimo per sviare l’attenzione, ma nessuno si illuda che non ce ne siamo accorti.