la Repubblica, 26 ottobre 2015
Storia del castello di Sammezzano che va in rovina e domani sarà messo all’asta per 20 milioni
Questa è la storia, ai limiti dell’irrealtà, di un altro gioiello del patrimonio storico, artistico e culturale italiano che va inesorabilmente in rovina.
E per una volta, bisogna ammettere che neppure un tentativo di valorizzazione turistica, ovvero di “mercificazione” come dicono le vestali del protezionismo, è servito finora a salvarlo dal degrado. Il Castello di Sammezzano, frazione Leccio, Comune di Reggello, provincia di Firenze, chiuso ormai da diversi anni, è in stato di abbandono e cade a pezzi: tanto da essere messo all’asta, come un rudere o una catapecchia, alla mercé del miglior offerente.
Costruito sulle antiche rovine romane e ristrutturato in chiave eclettica da Ferdinando Panchatichi Ximenés d’Aragona tra il 1843 e il 1889, circondato da un parco storico di 65 ettari con 130 piante esotiche differenti, il maniero rappresenta un rarissimo esempio di arte orientalista.
Ora, dopo una prima asta andata deserta su una base di 22,2 milioni di euro, alle 9,30 di domani il castello verrà rimesso in vendita a 20 milioni, come Repubblica ha già annunciato nell’edizione di Firenze. E se nessun compratore si farà avanti, dopo altri cento giorni di penosa agonia burocratica, il prezzo sarà ulteriormente ribassato: tanto più che adesso chi acquista sa anche di dover pagare la Tasi.
«Mi vergogno a dirlo, ma è vero: l’Italia è in mano a ladri, esattori, meretrici e sensali che la controllano e la divorano. Ma non di questo mi dolgo, ma del fatto che ce lo siamo meritato». Così scriveva nel 1870, in una frase in latino riportata nella nicchia del Corridoio delle Stalattiti, il proprietario e committente del castello in stile moresco. A distanza di tanto tempo, la sua sembra quasi una profezia che ben si attaglia all’Italia contemporanea. Non c’è dubbio che avesse ragione, anche sul fatto che “ce lo siamo meritato”.
Dal 1979 al 1999, il Castello di Sammezzano fu già degradato ad albergo e ristorante. La valorizzazione o la “mercificazione”, per l’appunto. Ma il tentativo di rianimazione purtroppo fallì. Nel 1999, il complesso venne acquistato dalla Castle SpA, società inglese che s’era impegnata a restaurare l’edificio con prestiti bancari e a garantirne la sopravvivenza, rispettando i vincoli posti dalla Soprintendenza. Gli acquirenti non avevano fatto i conti, però, con le conseguenze di quel terribile 11 settembre del 2001: in seguito all’attentato alle Torri gemelle di New York, la Castle crollò in Borsa e sotto la pressione delle banche creditrici, per ripianare i debiti, alla fine è stata costretta a mettere all’asta il castello.
Per un progetto di restauro completo, si calcola che occorrerebbero un centinaio di milioni. Ed è inutile dire che lo Stato non dispone al momento di una tale somma per esercitare la prelazione che gli spetta per legge. Eppure, a parte il suo valore di unicum architettonico, il castello abbandonato continua a esercitare il suo fascino e la sua attrattiva: la proprietà ha permesso a un comitato di cittadini della zona di organizzare qualche visita una tantum e il 20 settembre scorso, in occasione dell’ultima apertura al pubblico, circa 8mila persone sono arrivate da ogni parte d’Europa per ammirare le meravigliose geometrie della struttura.
Proprio in considerazione di questa disponibilità mostrata dalla Castle, il comitato non ha aderito all’iniziativa di un giovane originario del luogo, Francesco Esposito, che ha lanciato una raccolta simbolica di fondi con l’obiettivo di trovare i 40 milioni per acquistare il castello. In meno di un mese, Esposito ha ricevuto tre milioni di like sulla sua pagina Facebook Save Sammezzano!, da cui sono tratte le immagini qui pubblicate. Una gallery fotografica appare anche sulla sezione di Firenze di Repubblica.it.
Quale potrà essere, dunque, la sorte del Castello di Sammezzano? Si parla già di un nuovo albergo di lusso o extra-lusso, per richiamare la clientela più facoltosa da tutto il mondo. E si parla di “Dolce&Gabbana” o di una fantomatica cordata cinese, come potenziali compratori.
Ma forse, prima di vendere o svendere un altro pezzo della nostra “Grande Bellezza”, il ministero dei Beni culturali e del Turismo farebbe bene almeno a coordinare e gestire l’operazione, per salvaguardare l’interesse generale che il diritto alla prelazione tutela per legge.