Corriere della Sera, 26 ottobre 2015
Grandezze e limiti di Maurizio Crozza
Rincorrere la realtà stanca. Deve saperlo bene Maurizio Crozza, che ormai da diverse stagioni è il mattatore su La7 di «Crozza nel paese delle meraviglie» (venerdì, 21.20).
Quando per ogni nuova stagione ti devi inventare tre o quattro nuovi personaggi forti da aggiungere al repertorio consolidato, il tempo per «elaborarli» sfugge e può diventare difficile produrre puntate con sketch tutti ugualmente convincenti.
Diciamolo subito, lo show è unico nel panorama italiano: raramente si è visto un intrattenitore così versatile, così capace di fare più cose insieme, imitare, inventarsi battute folgoranti, persino cantare, sempre aiutato dalla fedele spalla Andrea Zalone.
I suoi punti di forza sono due: da un lato, la capacità di riprodurre con dei ritratti fedeli i personaggi più emblematici dei vizi e delle manie nazionali, ovvero di fare, come dicono gli americani, l’ impressionist. Spesso Crozza ha dato vita a personaggi più veri del vero, le sue imitazioni si sono sostituite nell’immaginario collettivo ai referenti reali. Dall’altro quello di trasformare la realtà, soprattutto politica, in racconto. La fortuna è che il nostro strano Paese è sempre uno straordinario serbatoio di materiale narrativo.
Per la riuscita dello show, il lavoro di scouting dei personaggi è fondamentale: prendiamo il caso di Antonio Razzi, in cui Crozza ha potuto costruire il personaggio a partire da un paio di situazioni reali, subito trasformate in spunti narrativi, e poi renderlo un protagonista autonomo del suo spettacolo.
Con altri, come Ignazio Marino (ma anche come il ministro Pier Carlo Padoan o Tim Cook, forse poco noto al pubblico italiano) la situazione si ribalta. Sono talmente «oltre», talmente sfuggevoli, che il referente reale soggioga l’imitatore: diventa così difficile sostituirsi al personaggio vero, dare al suo fantasma una vita propria secondo i codici della performance e dello spettacolo.