La Stampa, 25 ottobre 2015
La libreria Galignani di Parigi. Intervista con Danielle Sabatier Cillian
«Andare da Galignani è come andare a prendere il tè al Ritz», dice Danielle Sabatier Cillian, che si occupa della famosa e storica libreria a Parigi. A Venezia, nel 1520, i Galignani furono tra i primi a utilizzare la stampa per distribuire i loro libri a un pubblico più vasto. Alla fine del XVII secolo Giovanni Antonio Galignani lasciò Venezia in pieno declino economico per Londra e poi si stabilì a Parigi.
Danielle, dal 2009 lei dirige Galignani, la più antica libreria di lingua inglese del continente.
«Sì. Galignani iniziò nel 1801 in rue Vivienne. Era più una sala di lettura, frequentata anche da Stendhal. Lì si ritrovavano tutti gli inglesi di passaggio a Parigi. Era come un club».
Perché era così popolare?
«Pubblicavano un giornale, il Galignani’s Messenger, per gli inglesi all’estero. Vi contribuivano alcuni dei più grandi autori dell’epoca, Byron, Wordsworth, Thackeray e Scott».
E quando si è spostata in Rue de Rivoli, dove si trova oggi?
«I fratelli William e John Anthony arrivarono qui nel 1856. Pubblicavano ancora il Messaggero, ma non avevano più una sala di lettura e non pubblicavano più libri, come il padre».
E quando Galignani diventò la libreria francese, inglese e di Belle Arti che conosciamo?
«Durante la Seconda guerra mondiale non erano autorizzati a vendere i libri inglesi, perché i tedeschi avevano la loro Kommandantur all’Hotel Meurice, qui accanto. Il nonno del titolare odierno disse: “In tal caso venderò i libri francesi”».
E dopo la guerra?
«Hemingway fu qui nel 1944 e firmò il nostro libro degli ospiti. C’erano tutti quelli che contavano: l’ambasciatore britannico Duff Cooper e la scrittrice Louise de Vilmorin, oltre ad André Malraux, Marlene Dietrich, Paul Morand, così come Simone de Beauvoir. Marcel Proust acquistava qui i suoi quaderni».
Così la storia di Galignani è radicata nel cuore del mondo letterario?
«Altri scrittori famosi che venivano qui erano Julien Green, Jean Cocteau e Marguerite Yourcenar e la filantropa argentina Victoria Ocampo. Poi c’erano celebrità come Gene Kelly e Charlie Chaplin».
Quindi Galignani richiamava anche persone note nel mondo dell’arte nel senso più ampio del termine?
«Sì. Il pittore Christian Bérard, Noel Coward, Orson Welles e il filosofo inglese Bertrand Russell. L’attrice Olivia de Havilland viene ancora qui e così Lee Radziwill. Vogliono vedere Bertrand, a capo del dipartimento di Belle Arti».
Sette anni fa lei ha assunto la gestione. Come si regola?
«Non avevo mai seguito una libreria. Il proprietario ha voluto una persona diversa, dato che per sette generazioni c’era sempre stato un membro della famiglia a capo della libreria. Voleva qualcuno che avesse un occhio nuovo e io ero specializzata in media, marketing e comunicazione».
E che cosa ha fatto?
«Ho provato a cambiare le cose, ma non in modo drastico. Ho creato interesse intorno al luogo, perché, se oggi di te non si parla, sei morto».
Come si fa a tenere vivo il negozio?
«Cambiamo le vetrine ogni due settimane e cerchiamo di creare qualcosa di speciale ogni volta, una sorta di messa in scena».
L’originalità delle vetrine è molto importante per una libreria?
«Ho creato un programma per le nostre vetrine, con alcuni spettacolari allestimenti di Karl Lagerfeld, Louis Vuitton, Dior, Goyard e Rochas. C’è stato anche un intero schermo installato da Jean-Paul Goude, quando ha allestito la sua retrospettiva alla Arts Décoratifs. A volte organizziamo delle mostre, ad esempio con Jean Philippe Delhomme, Bruno Moinard, Eric Sander e Mathilde di Ecotais».
Organizzate anche eventi?
«Di solito c’era un evento all’anno, adesso ne abbiamo due o tre al mese: conferenze e letture. Con nomi come Louis Benech, Thaddeus Klossowski de Rola, Pierre Le-Tan, Jean d’Ormesson, Toni Morrison, Jay McInerney, Alain Ducasse».
Quante persone lavorano qui?
«Diciassette. Siamo aperti sei giorni alla settimana, dalle 10 alle 7».
C’è molta gente che compra libri?
«Sì, un sacco. Vendiamo circa 200 mila libri l’anno».
Che cosa si vende di più?
«Letteratura, e spesso letteratura classica, soprattutto in inglese».
Quante copie deve vendere un libro per renderlo un successo?
«Nel campo delle belle arti per noi un bestseller significa 300 copie. Cento per un romanzo, in inglese e anche in francese».
Siete in attivo?
«Sì. abbiamo un fatturato di 3,9 milioni e facciamo un 10% di utili».
Internet ha avuto un grande effetto sul vostro business?
«Ho aperto un sito web, ma non per vendere on line. Bisogna chiamare e prenotare. Voglio mantenere la filosofia del legame con il luogo, che è speciale. Perciò non vendo on line».
Il peggior pericolo per una libreria?
«Quando non si pensa ai clienti. Bisogna sempre pensare a loro».
Come descriverebbe Galignani oggi?
«Un luogo dove la gente che ama l’arte e l’estetica arriva da tutto il mondo o da dietro l’angolo».