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 2015  ottobre 25 Domenica calendario

L’amore di Pasolini per Bach

Pier Paolo Pasolini amava Bach, era per lui «la musica assoluta». Azio Corghi ama gli scrittori e su quella passione ha composto un brano «per violoncello concertante, recitante maschile, soprano, pianoforte e orchestra». Sarà eseguito a Pordenone lunedì 2 novembre, quarantesimo anniversario della morte. Il titolo,... tra la Carne e il Cielo, è tratto dai testi di Pasolini che l’attore e il soprano alterneranno alla «drammaturgia poetica» di Maddalena Mazzocut-Mis.
Spiega il maestro, che con José Saramago ha formato una delle coppie più prolifiche del teatro in musica del ’900: «Qui Pasolini interpreta la propria drammatica vicenda personale attraverso la musica di Bach, rendendola chiave per interpretare la vita stessa». Perciò in varie forme risuonerà il tema del destino: Mi-Sol-La-Si bemolle.
«Una leggera emicrania»
In Friuli durante la guerra – difficili anni di formazione – Pasolini ascoltò Bach per la prima volta eseguito da Pina Kalc, violinista amica di famiglia». Nei Quaderni rossi racconta: «Bach rappresentò per me in quei mesi la più forte e completa distrazione (…). Rivedo ogni rigo, ogni nota di quella musica; risento la leggera emicrania che mi prendeva subito dopo le prime note, per lo sforzo che mi costava quell’ostinata attenzione del cuore e della mente. La piccola stanza spariva, sommersa dall’argento freddissimo e ardentissimo del Siciliano: io lo ascoltavo e lo svisceravo, particolare per particolare».
Pier Paolo chiama Siciliano il tempo di Siciliana della Sonata per violino solo n. 1 in Sol minore, sulla quale aveva scritto degli «studi»: «Ogni volta che lo riudivo mi metteva, con la sua tenerezza e il suo strazio, davanti a quel contenuto: una lotta, cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo, tra alcune note basse, velate, calde e alcune note stridule, terse, astratte... Come parteggiavo per la Carne! (…) È evidente che soffrivo, anche lì, d’amore; ma il mio amore trasportato in quell’ordine intellettuale, e camuffato da Amore sacro, non era meno crudele».
L’opera pasoliniana, dice Azio Corghi, «è attraversata da un concetto del corpo che delimita la vita e la morte: poiché i sentieri del pensiero e dell’esistenza sono come tracciati a fuoco sulla carne. La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché ne aveva già descritto nei suoi lavori le modalità squallide e atroci. Dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile».
Una «lezione erotica»
La lotta tra la Carne e il Cielo, precisa il compositore, «non è soltanto un’immagine metaforica per rendere idealmente l’arte di Bach. Ma la rappresentazione stessa della sua tecnica. Ne sono un esempio le Suites per violoncello, che cito nel brano anche al fine di ricalcarne il gesto esecutivo originale. Bach realizza la vena barocca, è sensuale e religioso al tempo stesso. Sensuale perché il godimento sonoro proviene pure dalla scelta del timbro, vera carne della musica. In quel godimento musicale Pasolini ha inteso la “lezione erotica di Bach”. La spiritualità è indissolubile dalla seduzione».
A sigillo del brano è stata scelta questa frase di Pasolini: «Nella musica abbiamo le vere parole della poesia; cioè parole tutte parole e nulla significato». Del rapporto tra testo e musica molto hanno discusso Corghi e Saramago come prova l’epistolario, Lo sguardo obliquo, uscito quest’anno da Casa Ricordi, a cura di Graziella Seminara, con i testi della loro produzione internazionale, frutto di una sintonia ideale e creativa sbocciata nel 1984 e durata vent’anni.
In una lettera il premio Nobel portoghese osserva: «La musica continua a resistere da quando è nata, ora va, ora viene, vuole liberarsi della parola, immagino per invidia, ma ritorna sempre all’obbedienza». Peccato sia loro mancato il dialogo con Pasolini, che all’importanza dell’espressione musicale arrivò a dedicare dei versi: «(…) Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti, / che io vorrei essere scrittore di musica, / vivere con degli strumenti / dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare, (…) / e lì comporre musica / l’unica azione espressiva/ forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà».