Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 25 Domenica calendario

Il caso è chiuso per la giustizia, ma Pasolini non fu ucciso dal solo Pelosi

Il corpo di Pasolini viene trovato in uno spiazzo del lido di Ostia all’alba del 2 novembre 1975. Tre sentenze, emesse in tre successivi gradi di giudizio, dicono che l’assassino dello scrittore è Pino Pelosi, il 17enne fermato dai carabinieri quella notte stessa sul lungomare di Ostia mentre era alla guida dell’Alfa 2000 Gt sottratta allo scrittore.
C’è una differenza fondamentale, però, nei verdetti. Il più vicino ai fatti, emesso il 26 aprile 1976 dal Tribunale dei minori di Roma, presieduto da Alfredo Carlo Moro, fratello del leader Dc, è di colpevolezza, ma, nel condannare Pelosi a 9 anni, 7 mesi e 10 giorni di pena, afferma che «dagli atti emerge in modo imponente che quella notte all’idroscalo Pelosi non era solo».
Questa è anche la tesi degli avvocati di parte civile, Calvi e Marazzita, sostenuti dalla perizia medica del professor Durante. La perizia esclude che l’aggressione – violentissima, articolata in diverse fasi dopo un probabile tentativo di fuga dello scrittore, resa micidiale dall’uso di vari oggetti contundenti – possa avere Pelosi come unico protagonista. La morte è stata provocata dallo schiacciamento del corpo, da parte dell’Alfa 2000 utilizzata dagli aggressori per fuggire, ma la brutale aggressione è stata – dice la perizia – opera di più persone. Professionisti della violenza, non ragazzini come Pelosi.
È la tesi anche dell’inchiesta di Oriana Fallaci che, sull’Europeo, poche settimane dopo, intervista un testimone segreto, di cui non rivelerà il nome, che sostiene di aver visto, quella notte, almeno altri due uomini aggredire e picchiare a morte Pasolini. Pelosi, insomma, non è solo: scontata la pena, molti anni dopo, sarà lui stesso ad ammetterlo, in una trasmissione tv del 2005. Senza però aggiungere altro. Le sentenze di corte d’appello e Cassazione confermano la colpevolezza di Pelosi ma reputano «improbabile che abbia avuto dei complici».
Il caso è chiuso per la giustizia; la ricerca sulla dinamica del delitto, la sua matrice, gli autori, invece non è mai cessata. Produce inchieste, libri, polemiche. Qualcuno ipotizza che Pasolini – allora al lavoro sul romanzo Petrolio – possa aver afferrato verità scomode sull’Eni di Cefis e per questo sia stato eliminato. Più verosimile è la pista dell’estremismo nero, in quegli anni al massimo dell’attivismo: tra l’altro Pasolini ha appena finito di girare Salò o le 120 giornate di Sodoma e alcune bobine del film vengono sottratte. Un’azione finalizzata alla richiesta di riscatto o, altra ipotesi, per indurre il regista a quell’incontro/trappola in cui sarà ucciso? Insomma la parola fine sull’uccisione di Pasolini è ancora da scrivere.