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 2015  ottobre 25 Domenica calendario

Bibbiena come l’Italia, si nasce troppo poco e stanno per chiudere il reparto

Bibbiena (Arezzo). Nessuno piange qui, ed è qualcosa di veramente triste. Non c’è concitazione. Non ci sono abbracci né fiori. Passa la dottoressa Daniela Mazzetti nella corsia deserta. «La situazione è delicata», dice. Passa l’ostetrica e scuote la testa: «Siamo molto amareggiate, qualunque decisione verrà presa». Le culle sono vuote. Vogliono chiudere il punto nascite di Bibbiena. Perché questo è il piccolo ospedale della valle dove non nascono più bambini: 360 nel 2012, 288 nel 2014, 97 nel primo semestre del 2015. Anzi, questa è l’Italia in miniatura. L’Italia che ha 46 anni di età media e che muore, ogni giorno, più di quanto sappia rinascere (-1,1% il saldo).
Tutti conoscono il Chianti e la Maremma, quasi nessuno conosce il Casentino. È una valle interna della Toscana, fra Arezzo e la Romagna. Era teatro di feroci battaglie medioevali, ora regna una quiete strana. L’aria è tersa, l’Albergo Belvedere ha chiuso per «cessata attività», resiste il monastero di Camaldoli con i suoi eremiti, lassù in cima alla salita. È la valle che ci spiega quello che succederà. «Chi sarà l’ultimo bambino?».
La storia è stata scoperta da «Il Foglio» e pubblicata in prima pagina tre giorni fa. I residenti stanno combattendo una battaglia contro la chiusura del punto nascite, consapevoli che la perderanno. «Il tetto fissato dalle linee guida nazionali era di un minimo di 1000 parti all’anno, poi abbassato a 500, ma noi ormai siamo decisamente sotto», dice il sindaco Daniele Bernardini. Anche lui incarna un fenomeno nuovo, da queste parti. È il primo sindaco non di sinistra dal dopoguerra. Piccolo imprenditore edile, si è candidato in una lista civica «contro la casta e il clientelismo». È al secondo mandato: «La chiusura del punto nascite – dice – risponde a una logica economica. Ma l’economia non può essere l’unico parametro ad ispirare la politica. Se togli l’ostetrica da un territorio così isolato, mandi un messaggio preciso. Ci sono anche aspetti psicologici che vanno tenuti in considerazione».
Nel Casentino, forse, l’ultimo bambino si chiamerà Riccardo. È il nascituro dell’odontotecnica Sara Seppi, 29 anni, 12 giorni alla data prevista. «Voglio partorire qui – dice – nel nostro piccolo ospedale con 6 medici e 7 infermiere, vicino a mia madre, come segno di continuità». Sta portando a casa una pizza nel cartone, ed ammette di essere tormentata. «Stanno facendo di tutto per scoraggiarci, per spingerci verso l’ospedale di Arezzo, più grande, più attrezzato, a un’ora di distanza. Ma io credo nel futuro di questo territorio». Ed è proprio questo ad essere in discussione, il futuro.
Bibbiena ha 12.261 abitanti. È il Comune più popoloso della valle, che nel complesso arriva a 30 mila. Dopo sessant’anni di incremento demografico lento ma costante, sta registrando la prima inversione di tendenza della sua storia: -66 nel 2015. Più bare che culle. Non bastano più i bambini della «popolazione straniera», come vengono definiti nelle statistiche dell’anagrafe. Non bastano i figli dei migranti (la comunità più nutrita è quella romena). La valle si spopola, il paese invecchia. I coetanei più numerosi sono quelli nati nel 1971: 222 in totale. Ci sono 47 novantenni e due vedove centenarie.
«Il mio figliolo è appena emigrato in Canada con la nuora e i nipotini», dice Angelo Checcacci, mentre prepara un caffè dietro al bancone del bar della piazza. «Non ne poteva più delle tasse italiane. Ha aperto un ristorante a Vancouver. Cucinerà la pasta davanti ai clienti, la sua idea è farsi vedere mentre lavora. Il cuoco in sala. Speriamo». Poi c’è il figlio di Santino Cigolino, titolare del pub pizzeria Babylon: «Ha firmato un contratto con una casa farmaceutica svizzera. Gli hanno offerto il triplo di quanto gli offrivano in Italia. Per dire, già solo il colloquio: viaggio, albergo, cena e colazione: tutto pagato». C’è poi il caso dei quattro ventenni partiti per l’Australia, andati a fare i camerieri a Sydney. «Non lo so se sono felici, ma almeno sono vivi», dice Paola Fognani la proprietaria della tintoria di piazza Tarlati. «Una volta qui fuori era pieno di gioventù, ma adesso…». E così, incomincia a raccontare del marito Moreno, licenziato a 43 anni per colpa della crisi: «Le sta provando tutte, povero cristo. È andato a fare il boscaiolo, a lavorare il ferro, l’hanno chiamato come operaio, ma sempre precario. Sta pensando di fare le valige di cartone come suo padre, per andare a cercare futuro all’estero».
In valle ha chiuso la Mabo, produceva prefabbricati. Ma Aruba dà lavoro ormai a 300 persone. È il più importante provider italiano: «Leader nel mercato in domini, hosting, cloud, server dedicati, web security». Cambiare per sopravvivere, ecco perché Bibbiena è l’Italia.
Alle sette di sera, dentro a un tramonto rosso fuoco, arriva un pulmino carico di tedeschi, inglesi e americani. Scendono direttamente sulla balconata che domina la valle. La guida dice con voce solenne: «I guelfi vinsero a Poppi, laggiù. Guardate il castello… Fu un massacro. A Bibbiena l’assedio durò otto giorni». «Potremmo essere molto più conosciuti di così. Più turistici. Ed è quello che dobbiamo fare per rilanciare questo territorio. Dobbiamo trovare il modo di attrarre lavoro e far nascere nuovi bambini», dice il sindaco Bernardini.
Sono già stati stanziati 2 milioni e 500 mila euro grazie al progetto contro lo spopolamento delle aree periferiche. Dovranno servire per potenziare trasporti, scuole e servizi. Ecco perché la chiusura del punto nascite può sembrare un controsenso. Scommettere sulla vita o sulla morte? (1. continua)