La Stampa, 25 ottobre 2015
Caprotti messo sotto inchiesta dalla Procura di Milano per aver fatto spiare la Coop
La pubblicità, si sa, è l’anima del commercio. La cattiva pubblicità invece è reato. Come deve avere imparato Bernardo Caprotti, il padre padrone di Esselunga al quale la Procura di Milano ha notificato un avviso di fine indagini in cui viene accusato di essere «il finanziatore di una campagna diffamatoria contro Coop Lombardia». Una storia da 007 che vedrebbe il novantenne mister Esselunga gettare palate di fango contro il suo principale concorrente. Il reato su cui lavora il magistrato Gaetano Ruta è quello di ricettazione. In mezzo ci sono pure il direttore di Libero Maurizio Belpietro e l’ex giornalista del quotidiano Gianluigi Nuzzi, già condannati agli inizi del 2014 a pagare un risarcimento di 100 mila euro per alcuni articoli diffamatori usciti sul quotidiano agli inizi del 2010.
Secondo la ricostruzione della procura il direttore di Libero avrebbe convinto il patron di Esselunga a stringere un rapporto di collaborazione con due investigatori privati che, dopo aver rotto con Coop Lombardia, si erano impossessati di alcuni cd rom con notizie che avrebbero potuto danneggiare la catena della grande distribuzione legata alle cooperative rosse. Caprotti avrebbe stipulato il contratto con la società dei due detective per un importo di 700 mila euro l’anno. Ottenendo in cambio un cd rom con alcune intercettazioni telefoniche non ufficiali dei vertici di una filiale delle Coop di Vigevano.
A gennaio del 2010 usciranno su Libero tre articoli – il primo dal titolo «Così spiavo i dipendenti Coop» – in cui la catena di grande distribuzione viene dipinta come una specie di Spectre dedita allo spionaggio dei suoi collaboratori con ogni mezzo. Dai telefoni sotto controllo alle telecamere nascoste piazzate nei negozi, in violazione della legge sulla privacy. Da quegli articoli nacque un’inchiesta giudiziaria contro il direttore della Coop di Vigevano poi assolto perchè «il fatto non sussiste». In attesa che la procura di Milano formalizzi le accuse Ermenegildo Costabile, il difensore di Bernardo Caprotti, fa quadrato: «Ho studiato gli atti e ritengo l’accusa totalmente destituita di fondamento. In quanto appare assolutamente sganciata dalle dichiarazioni di tutte le persone ascoltate in indagini». Il bello è che in queste storie di complotti, spionaggio aziendale, detective e 007 chi è messo peggio sono i dipendenti Esselunga. Anni fa l’azienda di Bernardo Caprotti fece spiare un paio di lavoratrici infedeli che rubacchiavano sugli sconti tanto da essere licenziate. Le dipendenti si rivolsero in Cassazione ma alla fine la Suprema corte accertò che in quel caso spiare si poteva.