La Stampa, 25 ottobre 2015
Sanremo, cominciano a parlare gli impiegati comunali onesti
Sono rimasti in silenzio per tanto tempo, forse troppo, ma adesso stanno trovando il coraggio di parlare. L’inchiesta della Finanza sugli assenteisti che fa tremare le fondamenta di Palazzo Bellevue, l’ex albergo da mezzo secolo sede municipale di Sanremo, sembra scuotere anche le coscienze di tanti dipendenti comunali «fedeli». Che non ci stanno a finire nel tritacarne di uno scandalo con echi pure oltre confine. Sono «compagni di banco» o colleghi di settore dei 43 colpiti da misura cautelare per truffa ai danni dello Stato e falso (35 agli arresti domiciliari e 8 sottoposti a obbligo di firma), ma anche dei 75 indagati a piede libero per concorso negli stessi reati. A questi si devono aggiungere i 78 per i quali gli investigatori non hanno rilevato condotte penalmente rilevanti, ma sufficienti per meritare una segnalazione al Comune, per gli eventuali provvedimenti disciplinari.
Qualcuno ha già fatto sapere alle Fiamme gialle di avere «informazioni», insomma voglia di raccontare l’andazzo di un sistema ben radicato. Tanto da spingere i «furbetti del cartellino» a prendersi licenze con grande naturalezza, come se fosse normale andare a fare shopping negli orari di ufficio, piuttosto che coltivare la passione per il canottaggio o per il biliardo. Scatta così la «fase due» della maxi inchiesta, quella dedicata ai testimoni. Volontari o convocati nella caserma della Guardia di Finanza. Gli interrogatori potrebbero accendere altri fari sul malcostume imperante in municipio. Perché telecamere spie e pazienti accertamenti condotti in due anni di indagini (coordinate dalla Procura di Imperia) hanno consentito di smascherare tanti assenteisti, ma altri potrebbero essere rimasti nell’ombra. E ora i dipendenti onesti, magari costretti a lavorare di più per colpa dei «furbetti», hanno l’occasione per far uscire tutto il marcio dagli uffici comunali.
Un’opportunità che pure l’amministrazione non vorrebbe farsi sfuggire, dopo aver sospeso i 43 dipendenti con le accuse più gravi, anche se adesso la priorità è far ripartire la macchina comunale: l’inchiesta ha falcidiato interi servizi, come l’anagrafe e la manutenzione fabbricati.
Intanto, erano già stati bloccati i premi di produzione e di risultato (il sindaco Alberto Biancheri, che ha comprato a sue spese una pagina di giornale per spiegare ai cittadini quanto accaduto e cosa intende fare, ha confermato di essere stato informato dell’indagine fin dal suo insediamento, nel giugno 2014), mentre i «bonus» elargiti anche a otto inquisiti sono «indennità di specifica responsabilità» riferite allo scorso anno. Resta però il problema di fondo: come fare per premiare davvero la meritocrazia. Ci stanno pensando a palazzo comunale.
Nell’attesa, facendo i conti salta fuori che gli «infedeli» hanno «rubato» oltre 2670 ore, corrispondenti a un anno di lavoro (o giù di lì) di un impiegato medio. Un calcolo legato, però, soltanto ai 43 raggiunti da misure restrittive. Degli altri non si sa, almeno in questa fase. Quanto basta, comunque, per dare l’idea della dimensione del fenomeno portato alla luce dall’inchiesta.
Il recordman è il funzionario dell’ufficio progettazione e arredo urbano che andava a remare con gli amici, al circolo canottieri, durante il servizio: oltre 400 ore di assenza, con un danno erariale che la Finanza ha quantificato in 5680 euro.
L’altro dipendente diventato suo malgrado simbolo dello scandalo, il vigile-custode che timbrava in mutande o faceva strisciare il badge ai familiari, di ore «rubate» ne ha accumulato una settantina, con un danno per le casse dello Stato di 551 euro.