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 2015  ottobre 25 Domenica calendario

Angelo Sala, un campione del mondo di tennis che ha quasi novant’anni

PALAZZOLO SULL’OGLIO (Brescia) Angelo Sala ha gli stessi problemi di Roger Federer. «Sono anziano, e con il tempo che passa per rimanere in alto devo allenarmi più degli altri». Basta con il piagnisteo sul nostro tennis maschile che non ha mai avuto un campione del mondo, neppure ai tempi di Panatta e Pietrangeli. La signora Elvira scioglie lo spago che tiene chiuso il cancello della villetta a schiera con un sorriso ironico e rassegnato. «Anche lei vuole parlare con il fenomeno? Prego, si accomodi».
Suo marito va di fretta. «Scusi ma ho poco tempo. Mi devo preparare per gli Europei indoor in Croazia, sono reduce da una piccola operazione al ginocchio e devo recuperare la forma». Al campo 4 lo stanno aspettando. Allenamento tutti i giorni, domenica compresa, almeno un’ora e mezza, alternando singolare e doppio. Sempre il solito orario dalle 11 alle 13, gli stessi dei tornei. I primi scambi con la racchetta da professionista che fu di Simone Bolelli, per scaldare il polso, poi passaggio a un attrezzo dal peso normale, sui 300 grammi.
A pranzo divieto di protei ne, non per una dieta speciale, ma per tutela dell’unico rene che gli rimane dopo un tumore benigno. Trasferte spesso in macchina, guida lui, ogni anno un piccolo gruzzolo messo da parte per i viaggi in aereo, perché il montepremi non è certo quello di Federer.
Il signor Angelo, ex impiegato della Marzoli stoffe e tessuti, ex calciatore di serie C, domina dal 2011 la categoria Over 85 della Federazione internazionale tennis, i cosiddetti Super-Seniors. Quattro anni filati al numero uno, come il Federer dei bei tempi. «Alla televisione guardo solo lui, gli altri mi piacciono poco».
Certo, l’età avanza. In Svizzera come in questa bella casa alla periferia di Palazzolo sull’Oglio, piena di foto dei suoi sei nipotini e dei trofei vinti in un circuito che prevede trasferte in Svizzera, Croazia, Germania, Stati Uniti.
A dicembre il signor Sala compirà 89 anni. É il più vecchio tra i primi venti della classifica mondiale di una categoria che prevede l’attività fino ai novant’anni. «Un’ingiustizia. Negli Usa è diverso, giocano anche dopo. Mi toccherà prendere la tessera dell’Usta, la federazione americana...».
Da quando il Corriere di Brescia e il sito Tennisbest hanno svelato l’esistenza di questo fenomeno, è diventato di pubblico dominio anche il dettaglio più incredibile della sua storia. «Ho cominciato a settant’anni. Prima non avevo mai preso una racchetta in mano. C’era un cancelletto che separava il Tennis club Palazzolo dal campo di calcio, dove facevo volontariato allenando i ragazzi dell’oratorio. L’ho attraversato. Ho cominciato con una macchina sparapalle, come quella di Agassi... Solo che lui era un bambino, io un po’ meno».
Nel sottoscala al piano terra diventato il suo quartier generale, Sala racconta con distacco delle sue imprese. Alzi la mano chi non ha pensato, leggendo della sua età, a un caso estremo di fanatismo. Non è così. Non si tratta neppure di una seconda vita, il signor Angelo è molto contento di quel che ha avuto, una moglie, tre figlie, sei nipoti, tutti che hanno ereditato dalla mamma il gene della pallavolo. Passione, qui c’è solo passione.
«Molti amici più giovani vedono in me una speranza. E poi Elvira è contenta, così non mi vede gironzolare per casa... Chi si ferma è perduto, fino a che le gambe girano bisogna sfruttare il momento. Quando non sarà più così, basta, senza rimpianti».
Al circolo lo salutano chiamandolo mister, in omaggio al suo passato. L’ultima domanda, la più delicata, prima di testare una palla che esce piatta e forte dalla sua racchetta, viene interrotta da un bel sorriso. Ma non teme che... «È successo, sa? Il mio ricordo più bello è l’eterno stupore dei miei avversari ex campioni di Coppa Davis quando racconto di essere un autodidatta. Il più brutto fu la morte in campo del 2011 di uno svizzero, anche lui un ex calciatore. Ma giovanotto, alla mia età non è che posso sperare di vivere ancora vent’anni. E quindi non mi preoccupo, perché dovrei?». E giù una risata. Game, set, match.