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 2015  ottobre 24 Sabato calendario

Sulla Siria russi e americani si parlano

DAL NOSTRO INVIATO
VIENNA Passo dopo passo, la Russia di Putin tesse la sua tela per tornare al centro della scena mediorientale. Non è certo ancora come ai tempi dell’Urss nella Guerra fredda, tuttavia i colloqui nella capitale austriaca ieri tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, l’americano John Kerry e gli omologhi turco e saudita, oltre a quello giordano visto separatamente, sono tornati ad evidenziare la nuova centralità di Mosca nei giochi politici regionali.
Primo risultato è l’apertura di un canale di dialogo concreto tra i russi e il mondo arabo sunnita. Lo dimostra la decisione annunciata in serata di creare un «centro di coordinamento militare» russo-giordano ad Amman. «In base ad un accordo tra re Abdallah e il presidente Putin, gli eserciti dei nostri due Paesi hanno stabilito di coordinare le loro azioni, incluse le missioni di aerei militari sul territorio siriano», ha dichiarato Lavrov dopo l’incontro con il giordano Nasser Judeh. Il passo è significativo. Sino ad ora infatti Mosca è stata vista dalla comunità internazionale come grande alleata del fronte sciita. Il legame politico-militare con Teheran (sebbene non incondizionato) e soprattutto il pieno sostegno al regime di Damasco con la scelta alla fine di settembre di bombardare le milizie ribelli al fianco dei soldati siriani sono percepiti in particolare dai Paesi arabo-sunniti come una sfida aperta ai loro interessi. E l’intensificarsi della guerra civile interreligiosa all’interno del mondo islamico, oltre all’incancrenirsi del conflitto in Iraq con Mosca pronta a cooperare con il governo sciita a Bagdad, hanno contribuito a rafforzare tale percezione. Martedì scorso l’incontro a Mosca tra Putin e il presidente siriano Bashar Assad aveva tra l’altro scatenato dure proteste nelle maggiori capitali sunnite.
In questo contesto, l’apertura giordana a Mosca potrebbe avviare nuove prospettive di cooperazione. Amman decise di intensificare la sua partecipazione ai bombardamenti sulla Siria assieme alla coalizione a guida Usa dopo il video diffuso da Isis all’inizio di quest’anno in cui sembrava venir bruciato vivo un pilota giordano il cui aereo era caduto nella zona di Raqqa. E adesso i giordani presentano le nuove intese con Mosca come compatibili con il loro coordinamento con Washington. Ieri Lavrov ha invitato sauditi e turchi ad unirsi ai giordani contro Isis. Tutto ciò sembra non preoccupare troppo gli americani. Anzi, a Vienna potrebbero essere state poste le basi per una cooperazione su larga scala. Lo stesso Kerry ha presentato i colloqui di ieri come i primi di una lunga serie, con un nuovo incontro possibile venerdì prossimo, allargato ad altri Paesi, non escluso l’Iran: «L’incontro è stato costruttivo e produttivo. Sono emerse alcune idee che potrebbero cambiare le dinamiche», ha dichiarato prima di partire alla volta di Amman.
Ma incognita numero uno, potenzialmente in grado di far fallire qualsiasi intesa, resta il destino di Assad. E su questo le posizioni sono radicalmente diverse. Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita sono granitici nella convinzione che il presidente siriano sia parte integrante del problema Siria e la sua rimozione il prima possibile sia condizione necessaria per qualsiasi soluzione. «Assad costituisce una dinamica incompatibile con la pace», ha commentato Kerry. Al contrario, Lavrov ha ribadito il sostegno di Mosca al presidente siriano e si è dilungato nel definire «voci false» le notizie trapelate negli ultimi giorni per cui l’incontro di Vienna avrebbe tra l’altro cercato formule per un governo di transizione a Damasco. «I nostri partner hanno alcune ossessioni nei confronti del presidente siriano, ma noi confermiamo le nostre posizioni», ha specificato, ricordando che lo stesso Putin aveva scartato come «foriero di gravi crisi» qualsiasi tentativo di rimuovere Assad nelle circostanze attuali.