Il Messaggero, 23 ottobre 2015
Il Pd romano si scopre ogni giorno più marxista, nel senso di Groucho («Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me»). Circoli in rivolta, sondaggi ai minimi storici, Orfini sotto accusa. In quanto ai tesseramenti, «trovare qualcuno che in queste ore voglia iscriversi al Pd è un po’ come cercare l’araba fenice»
Un partito fuori controllo, circoli in rivolta, base avvelenata che gli manifesta contro, presidenti dei municipi in subbuglio che se ne infischiano dei suoi diktat, consiglieri comunali che gli dicono «sì, Matteo, tranquillo, facciamo come dici tu», salvo voltare l’angolo, guardarsi tra di loro e alzare le spalle: «Questo ci manda a sbattere», dicevano l’altra sera fuori dal Nazareno. E poi un tesseramento che non decolla: trovare qualcuno che in queste ore voglia iscriversi al Pd è un po’ come cercare l’araba fenice. L’elettore medio ormai cita Marx (Groucho): «Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci uno come me». Il tutto con lo spettro delle primarie a cui dovrebbero partecipare – ammesso che si facciano e che non venga cambiato in corsa lo statuto – sì e no 3mila romani, gli iscritti attuali. Non a caso i sondaggi dei dem nella Capitale parlano chiaro: mai così bassi. Dopo nove mesi di commissariamento e una buona dose di piroette (prima viva Marino, poi abbasso Marino), Matteo Orfini è passato dalle macerie di Mafia Capitale a un partito che si gli si sta polverizzando tra le mani. E adesso, con la guerra in Campidoglio, rischia di autodistruggersi.
I fronti aperti dal capocorrente – è il leader dei Giovani Turchi – chiamato a chiudere le correnti non si contano più. O meglio al momento ci sono le sconfitte.
LA BEFFA
Questa estate, per dirne urna, Orfini la giurò a Marco Scipioni, presidente del VI municipio: «Deve fare chiarezza sulla sua amministrazione, ci sono troppe anomalie: o si dimette o il Pd lo sfiducerà. Chi non seguirà la linea uscirà dal partito». Sì, praticamente come sta accadendo in queste ore in Campidoglio. Come è andata a finire? Il Pd si è spaccato sulla mozione di sfiducia nel VI municipio, ha raccolto cinque firme invece di dieci, i consiglieri sono comunque rimasti in maggioranza e Scipioni fa ancora il mini-sindaco. E ora dice un po’ sarcastico: «L’affondo di Orfini contro di me? Solo battage giornalistico, io continuo a lavorare, oggi ho inaugurato una piazza: c’erano duemila cittadini, tutto molto bello».
IL BLUFF
Poi ci sono i circoli, la nervatura del Pd post Mafia Capitale. Dopo mesi di ritardo, rispetto agli annunci, il commissario ha varato la riforma: da 110 diventeranno 75. Ma le chiusure non coincidono con la mappatura eseguita da Fabrizio Barca, tra buoni e cattivi. Dovrebbero abbassare la saracinesca solo quelli morosi. «Si tratta – racconta il deputato Roberto Morassut – di una serie di accorpamenti fatti con il bilancino tra le correnti». Quello storico di Donna Olimpia, per esempio, ha già annunciato battaglia a colpi di assemblee e documenti politici. Idem all’Alberone. «Orfini non ha gestito il processo politicamente e questi sono i risultati», ricorda un iscritto storico di Monteverde. «I limiti di questa gestione burocratica del partito – continua Morassut – stanno uscendo fuori e sono devastanti». E così, per dirla con diversi renziani del Giglio magico, «chi doveva risolvere i problemi ne ha creati di maggiori».
La pensa uguale anche il premier. Che continua a evitare il più possibile il partito romano. Questa estate, dopo la difesa a testuggine di Marino, Orfini riuscì a creare un clima di tale divisione alla Festa dell’Unità che saltò anche il comizio del premier-segretario. Renzi anticipò la visita, a sorpresa, la sera prima, giocando a biliardino con Luca Lotti, Luciano Nobili e appunto il commissario dem. Adesso si gioca l’ultima partita, quella di nervi. E il rischio dell’ennesimo autogol è davvero dietro l’angolo. In compenso Orfini sarà commissario del Pd per un altro anno. Ma anche su questo c’è più di un malumore. Spiega un parlamentare dem: «Parlano i risultati per Matteo, forse avrebbe bisogno di una mano...».