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 2015  ottobre 23 Venerdì calendario

Assoluzione di Erri De Luca, una sentenza sbagliata per un errore di prospettiva. Oggi probabilmente le sue parole non sarebbero più pericolose, ma nel momento storico in cui furono pronunciate lo erano, eccome: «agitare una bandiera rossa davanti a innocui vitelli ha ben diverso effetto se fatto davanti a tori inferociti»

Erri De Luca è stato incriminato per l’intervista rilasciata all’Huffington Post il 1.9.2013: “…il Tav va sabotato. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti”. I vandalismi e i sabotaggi “sono necessari per far comprendere che il Tav è un’opera nociva e inutile”. Istigazione a delinquere, art. 414 del codice penale. Il 19 ottobre è stato assolto perché il fatto non sussiste; che vuol dire che non ha mai “istigato” nessuno a commettere reati; che vuol dire a sua volta che il giudice ha ritenuto le frasi di De Luca non idonee a convincere qualcuno a tagliare reti, a compiere atti vandalici sui cantieri del Tav e a sabotarlo.
Sotto il profilo semantico non vi è dubbio che l’invito al sabotaggio non ha nulla a che fare con la disobbedienza civile e le pratiche della non violenza praticate da Gandhi e Mandela, come affermato da De Luca subito dopo la sentenza. Utilizzare cesoie per entrare nei cantieri è ovviamente funzionale a sabotaggi tutt’altro che ideali e simbolici. Così come gli atti vandalici, che De Luca ha sostenuto essere necessari, sono incompatibili con opposizioni pacifiche. Dunque le espressioni riportate dall’Huffington Post si riferivano esplicitamente alla consumazione di reati che venivano indicati come “necessari”.
Sotto il profilo giuridico, assoluzione o condanna dipendevano dalla concreta idoneità dell’istigazione: rafforzava i propositi criminosi di quelli che avevano già assaltato i cantieri e commesso atti di sabotaggio? Poteva indurre qualcuno a unirsi a costoro? Questo era l’oggetto della valutazione del giudice e non altro: concreti vandalismi e sabotaggi costituiscono pacificamente reato; e l’istigazione a commetterli deve presentare il concreto pericolo di essere accolta. Questo è il motivo per cui l’istigazione a delinquere prevista dall’art. 414 del codice non ha nulla a che fare con la libera manifestazione del pensiero (Corte costituzionale, sentenza 65/1970).
Il giudice ha ritenuto che le frasi di De Luca non fossero idonee a indurre o rafforzare propositi criminosi. Si chiama prognosi postuma: la valutazione è avvenuta al momento della sentenza e quindi necessariamente a distanza di tempo da quello in cui il comportamento incriminato è stato realizzato. Tuttavia questa valutazione deve essere effettuata rapportandosi alla situazione esistente al momento del fatto e non a quello in cui la sentenza viene emessa. In un momento di relativa pace sociale, di abbandono da parte degli oppositori al Tav di pratiche violente (probabilmente dovuto alla efficace repressione delle forze dell’ordine e della magistratura), è ragionevole pensare che l’istigazione di De Luca non sia particolarmente pericolosa. Ma, situandola al momento in cui venne pronunciata, quando i cantieri venivano assaliti, i macchinari distrutti, i lavori sabotati, la sua efficacia deve essere considerata concretamente pericolosa. È, come ben si capisce, una questione connessa al momento storico: agitare una bandiera rossa davanti a innocui vitelli ha ben diverso effetto se fatto davanti a tori inferociti. È questo il primo profilo per il quale non mi sento di condividere la sentenza del giudice di Torino.
Ma ne esiste un altro. Erri De Luca non è un cittadino qualsiasi. Ha un passato e una notorietà che gli assicurano stima e consenso, almeno in certi ambienti per i quali egli è un leader. L’effetto delle sue frasi non è paragonabile allo sfogo dell’esasperato di turno. Anche sotto questo profilo, la concreta pericolosità delle sue istigazioni è evidente.