il venerdì, 23 ottobre 2015
Horvat, l’uomo che fotografava le modelle in strada, al bar o sui mezzi pubblici per «mostrare le donne come sono»
Nel 1951 Frank Horvat arrivò a Parigi per mostrare le sue immagini a Henri Cartier-Bresson, il grande fotografo francese gli disse che erano banali: «O scatti come un semplice testimone degli eventi oppure metti su una scena, come fa Richard Avedon. Ma non puoi mischiare le tecniche». Per fortuna Horvat non gli ha dato retta: è stato proprio quel suo stile controcorrente a farlo diventare il mito che conosciamo oggi.
Italiano (è nato ad Abbazia nel 1928, prima che la cittadina diventasse croata), è stato il primo a osare servizi di moda su strada, sperimentando quella forma d’espressione sofisticata e discreta con cui ha «spinto l’haute-couture photography fuori dal suo guscio dorato», come spiega lui stesso nel bel volume Please don’t smile, in uscita per Hatje Cantz (pp. 256, euro 48).
È stata l’avventura da reporter per l’agenzia Magnum, tra il ‘59 e il ‘61, a plasmare il suo tocco realista, meno lezioso di quello delle riviste dell’epoca. Horvat non amava le pose teatrali alla Cecil Beaton, e col suo approccio sorprendente – ritraeva modelle in mezzo alla gente per strada, al bar, sui mezzi pubblici – ha conquistato musei come il MoMA di New York e le copertine di Voglie, Harper’s Bazaar e Elle. Negli anni 60 era già un mito: il suo lavoro ha ispirato grandi del mestiere come David Bailey, Terence Donovan e Helmut Newton, che si diceva «affascinato dalla realtà che riusciva a esibire in un’immagine sola». E per tutta la vita ha inseguito una missione: «Mostrare le donne come sono». Una redattrice interveniva sui suoi scatti pretendendo determinate pose? «Togliti dall’inquadratura» era la sua risposta «e lascia che le modelle siano libere di muoversi». Quelle che non riuscivano a essere naturali venivano pubblicate con la testa tagliata, pratica che gli valse il soprannome di «Robespierre dei magazine».
E oggi, ha 87 anni, non ha smesso di inseguire l’irripetibilità dell’attimo. «La fotografia dev’essere sempre, ora come ieri, un miracolo». Oltre a Please don’t smile, per conoscere l’opera di Horvat c’è il suo sito www.horvatland.com in cui sono presentate tutte le sue opere, suddivise cronologicamente per tema.