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 2015  ottobre 23 Venerdì calendario

Londra tra Pechino e Bruxelles: opportunità e rischi di una relazione mercantilistica

Londra, anche in virtù della visita in questi giorni del premier cinese in Inghilterra, si prepara a divenire il primo partner occidentale della Cina allentando i rapporti europei e rivisitando in chiave “mercantilistica” quelli atlantici. Come dimostrano sia le dichiarazioni del ministro delle Finanze George Osborne, sia la decisione unilaterale di unirsi all’Asian Infrastructure Investment Bank che ha irritato Washington. Nell’attuale fase di globalizzazione, il governo conservatore ha intensificato le relazioni economico-finanziarie con Pechino, laddove gli Stati Uniti hanno predisposto e siglato la Trans-Pacific Partnership (TPP) per contenerne la forza strabordante e scrivere le regole del futuro. In questo scenario, c’è da chiedersi quanto conti l’Ue per Londra, ma anche quali siano i limiti del rapporto con Pechino. Malgrado il recente rallentamento, la Cina è un ricco mercato per i beni e servizi inglesi e una possibile fonte dei cospicui investimenti necessari per migliorare le infrastrutture britanniche. Ciò spiega perché Londra è ansiosa di promuovere l’internazionalizzazione dello Yuan rafforzando così la sua posizione di principale centro mondiale per il foreign exchange trading; ed è a favore dell’inclusione della moneta cinese fra le valute con diritti speciali di prelievo presso il Fondo Monetario internazionale. Sebbene vi sia disaccordo fra le due capitali perlomeno su Hong Kong e sui diritti umani, in pratica la scelta di un approccio “mercantilistico” ha indotto il ministro Osborne a offrire due miliardi di sterline di garanzia a Pechino in cambio di più sostanziosi investimenti cinesi nella centrale atomica di Hinkley Point, nel sud-est dell’Inghilterra; e a coinvolgere Pechino nella costruzione dell’alta velocità nel nord del paese. Le imprese cinesi sono impegnate, poi, nel comparto delle costruzioni a sostenere gli sforzi del governo conservatore per promuovere lo sviluppo dell’Inghilterra settentrionale, con investimenti destinati alla realizzazione di migliaia di abitazioni. Inoltre, accordi sono stati stipulati per un’altra centrale atomica a Bradwell nell’Essex. La cooperazione nel nucleare civile e l’esportazione di tecnologia cinese in Gran Bretagna accrescono la credibilità internazionale dell’industria cinese, rinvigorita anche dall’annuncio di due nuovi programmi di ricerca spaziale congiunti.
Il rafforzamento della City come principale base offshore della finanza cinese ha tuttavia un rovescio della medaglia. Se i capitali delle banche di Stato cinesi sono funzionali alla grande finanza londinese, invece il dumping praticato dalle imprese di Pechino, forti anche degli aiuti di Stato che Bruxelles non consente ai paesi dell’Ue, contribuisce ad aggravare la crisi di ciò che resta del manifatturiero britannico. Pertanto, resta da chiedersi quali riflessi avrà la stretta relazione “mercantilistica” di Londra con la nuova superpotenza mondiale cinese su un’Europa che appare screditata nella difesa delle sue stesse norme dalla vicenda Volkswagen. Perché, dopo la firma della TPP, Bruxelles ha l’ultima chance di contribuire con la TTTIP a scrivere le regole per una globalizzazione socialmente sostenibile.