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 2015  ottobre 23 Venerdì calendario

Tutto lo sporco del sistema Fifa raccontato nel saggio “Omertà” del giornalista britannico Andrew Jennings. Una storia di tangenti, voti e molti quattrini

Cene luculliane per l’obeso Chuck Blazer. Tangenti al corrottissimo Jack Warner mascherate da fondi per lo sviluppo. Riforme che non riformano, quelle di Sepp Blatter. Biglietti a prezzi moltiplicati sul mercato nero. Accordi stragiudiziali per nascondere pagamenti illeciti a Ricardo Teixeira. Faccendieri al centro di traffici sporchi sui diritti tv dei Mondiali, come il «corriere» Jean-Marie Weber. Collusioni e complicità con mafiosi brasiliani e papponi africani vestiti da presidenti federali. Soldi sporchissimi. È la Fifa.
Sull’asse Rio-Zurigo, con fermate ad Asuncion, New York, Miami, Johannesburg, Seul e in Germania, il calcio mondiale diventa una storia di malaffare. Scenari sui quali indagano giudici americani e svizzeri, sfondo del nuovo libro di Andrew Jennings, giornalista britannico, che della denuncia dei crimini Fifa ha fatto una splendida ossessione. Omertà (Rizzoli) – ma il titolo originale The dirty game, Il gioco sporco», era più bello – è l’ultima fatica: esagerata ed enfatica in qualche capitolo, ma terribilmente appassionata e documentata.
Quello di Jennings è un lungo romanzo «noir», cominciato dieci anni fa con I padroni del calcio che puntava l’indice sul brasiliano Joao Havelange: presidente Fifa ‘74-’98, ha trasformato il pallone in un’industria mondiale grazie a diritti tv e sponsor. Il calcio è diventato vittima del suo stesso sistema di affari andato fuori controllo: troppi soldi da gestire, e un ristretto comitato d’affari, l’Esecutivo, con potere assoluto. Havelange è la figura cruciale, sostenitore del mafioso brasiliano Castor Andrade col quale ha strani giri. Arricchisce il calcio e se stesso, dice Jennings, con la complicità della ditta sportiva tedesca che ne favorì l’elezione.
Tutto gira attorno all’Isl, agenzia che gestiva i diritti tv e che si assicurò quelli 2002 e 2006 per 1,8 miliardi di dollari. Un’altra agenzia, la Img, aveva offerto di più senza essere coinvolta in un’asta, grazie a tangenti per 14 milioni di dollari. Ma l’Isl era la «scatola» che raccoglieva i miliardi del calcio e distribuiva le tangenti per mantenere il sistema: 175 pagamenti segreti in 12 anni per 100 milioni di dollari. Havelange era «Garantie JH». Lui e l’ex genero Teixeira, ex presidente federale brasiliano, ne avevano prosciugato le casse fino al fallimento da 300 milioni di dollari (2001). I giudici di Zurigo ricostruiranno tutto e i due interessati otterranno un accordo stragiudiziale, in cambio del silenzio. Ma la fuga di Teixeira a Miami, le dimissioni vergognose di Havelange da Fifa e Cio, sono macchie eterne.
Jennings annota i passaggi per comprare Germania 2006 (una tangente di 250mila dollari al neozelandese che lasciò la stanza prima del voto, facendo perdere il Sudafrica). Ricorda la Sud Corea da spingere in semifinale nel 2002, abbattendo Italia e Spagna con gli arbitracci Moreno e Gandour. Parla di Infront al posto di Isl. Dettaglia i rapporti Fifa con i fratelli messicani Byrom per le vendite a prezzi moltiplicati dei biglietti mondiali con pacchetti viaggio.
Naturalmente di mezzo c’è Blatter al quale non sembra possano imputarsi mazzette. Ma il boss sa tutto di nemici e amici e lascia che siano gli altri ad arricchirsi: a lui basta il potere, uno stipendio segreto, gli affari tv gestiti da Infront attraverso il nipote Philippe, e la riscrittura del codice etico che gli consente di controllare tutto. Potere e soldi. Tra gli amici c’era Bin Hammam: quando però il qatariota può batterlo alle elezioni, Blatter lo mette k.o. con l’accusa di corruzione. Il bello è che è vero: Bin Hammam compra voti in Nordamerica, grazie al vicepresidente Fifa Warner (Trinidad), specie di dittatore di «Bananas». Blazer, numero 2 di Warner, fa la spia per l’Fbi, con registratore nascosto, squarciando l’omertà.
Al centro del crollo, l’assegnazione scandalosa di Russia 2018 e Qatar 2022. Gli Usa, sconfitti pur con il dossier migliore, cominciano a indagare: lavorano con gli svizzeri fino al blitz di maggio nel lussuoso hotel di Zurigo, prima del Congresso e delle dimissioni di Blatter. Il quale dice di volere rendere pubblici gli accordi stragiudiziali di Havelange e Teixeira, ma briga per il contrario. Racconta Jennings di quando Blatter impallidì per la tangente di 1,5 milioni di franchi destinata ad Havelange ma arrivata per un errore bancario nei conti Fifa, e dei tentativi per cancellare le prove.
Non è risparmiato nessuno, compreso l’ex pm Usa Michael Garcia il cui rapporto sulla Fifa è ancora secretato: troppo accondiscendente con Blatter? Jennings disprezza il presidente brasiliano José Marin (colluso con i dittatori che torturavano). Prende in giro Domenico Scala che, incaricato delle riforme, resta un uomo di Blatter. Ne ha per l’ex dirigente italiano Primo Nebiolo, per gli sponsor che niente vedevano ma ora s’indignano, per Franz Beckenbauer che gli sfugge quando lo incontra, Thomas Bach, Sebastian Coe. Spiega come Warner e il successore Webb si impadronivano, via conti offshore e bilanci falsi, di fondi sviluppo del calcio centroamericano. Racconta come la federazione brasiliana stesse per fallire per il saccheggio sistematico di Teixeira, famelico dei soldi della mega sponsorizzazione di un’altra grande azienda sportiva.
Jennings salva Platini, ma il libro è andato in stampa prima degli ultimi sviluppi. E poi tanto, tanto altro. Nomi, cognomi e cifre. Drammi e farse. Scoperti molti altarini, a noi resta una curiosità: chi era «Miss Meraviglia», brasiliana bella, alta e bruna, l’amante che Havelange scoprì di condividere con un dirigente Fifa, e quindi mandò via da Zurigo? Tinte rosa nel noir.