La Stampa, 23 ottobre 2015
“Netflix non fa concorrenza alla tv, ma ai libri»
Il presidente e cofondatore di Netflix è un ex marine che poi è entrato nei Peace Corps, ha insegnato matematica nello Swaziland e si è laureato in Informatica all’università di Stanford. Reed Hastings ha 55 anni ed è in gran forma: «È una giornata fantastica – dice -. Abbiamo lavorato duro e finalmente siamo partiti, vedo che le reazioni su Twitter sono entusiastiche». La più grande tv via Internet al mondo, con oltre 69 milioni di abbonati, è disponibile da ieri anche in Italia.
In Usa Netflix è attiva dal 2007, come mai ci avete messo tanto?
«Da voi costa molto comprare i contenuti perché la lotta tra Mediaset e Sky tiene alti i prezzi. L’anno scorso siamo partiti in Francia e Germania e abbiamo impegnato gran parte della liquidità, dovevamo recuperare un margine sufficiente per investire in Italia».
Teme più la pirateria o l’arretratezza tecnologica?
«La pirateria in realtà presuppone una tecnologia adeguata. E a 7,99 euro al mese, Netflix è un’alternativa valida: in Australia ad esempio, siamo partiti sei mesi fa e da allora streaming e download illegali sono scesi già del 27 per cento».
In che cosa è diversa Netflix da YouTube?
«Siamo cresciuti insieme e col tempo siamo andati in direzioni diverse, noi offriamo contenuti originali e loro materiale prodotto dagli utenti, noi siamo a pagamento, loro si sostengono con la pubblicità».
YouTube però ha annunciato un servizio in abbonamento senza pubblicità, che include video e streaming musicale…
«Per noi la vera competizione non è nei servizi simili, ma in altre attività: leggere una rivista, passare tempo su Facebook, uscire la sera».
Anche dormire?
«Già, siamo in competizione con il sonno. Lottiamo per avere l’attenzione della gente: la nostra vera sfida è vincere tempo, entrare nella vita di tutti».
Un po’ come Facebook?
«Non esattamente. Netflix per ora non ha forte una dimensione social e non sono sicuro che aggiungerebbe granché all’esperienza. Ma sono nel consiglio di amministrazione di Facebook perché voglio vedere come lavora Mark Zuckerberg e imparare da lui».
Parliamo di numeri. In Italia a cosa puntate?
«In sette anni vogliamo essere in un terzo delle famiglie. In Usa ce l’abbiamo fatta: siamo partiti nel 2007 e ci siamo arrivati nel 2014. Ma nei primi anni per noi più che i numeri conta la soddisfazione degli abbonati. Vogliamo essere certi che Netflix funzioni bene e che chi paga per i nostri servizi sia soddisfatto».
Assumerete anche personale?
«La nostra sede europea è ad Amsterdam, quelli che assumiamo lavorano lì anche se sono italiani. Diverso è se produciamo una serie in Italia: è un investimento notevole, che va alle maestranze locali».
E come mai si brucia in un solo giorno? Perché tutti gli episodi di una serie sono disponibili contemporaneamente?
«Un libro ha tanti capitoli insieme, anche se l’autore ci ha messo anni a scriverli. Si possono finire in una sola notte, si possono interrompere e poi riprendere. Di noi dicono che cambiamo la tv, oppure il cinema, ma il nostro modello è un altro. Con i libri eravamo abituati a questa flessibilità, è la tv che porta a considerare naturale vedere l’episodio di una serie una sera la settimana: rimettiamo tutto in discussione».