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 2015  ottobre 22 Giovedì calendario

Missione leghista a Budapest. Salvini ha inviato una delegazione del Carroccio in Ungheria a prendere lezioni del premier Orbán, il padre del muro contro i clandestini al confine con la Serbia. «Tutto va letto nell’ottica del nuovo progetto salviniano: creare una forza di governo, capace di schiudere i granai di voti moderati e credibile anche all’estero»

È stato un vero e proprio blitz di 12 ore: due leghisti di Varese – Andrea Mascetti (avvocato e membro del consiglio federale del partito) e Matteo Bianchi (segretario provinciale) – sono andati a Budapest per studiare il modello-Orbán. È successo martedì. L’obiettivo dei lumbard è approfondire come, nell’Europa dell’Est, stanno affrontando l’immigrazione clandestina. Il piatto forte della ricetta magiara è il muro al confine con la Serbia che ha scatenato polemiche in tutto il Vecchio Continente.
Mascetti e Bianchi hanno scandagliato il Parlamento, prendendo dei contatti informali su cui c’è riserbo assoluto. Solo nelle prossime settimane l’asse tra via Bellerio e Budapest potrebbe ricevere i timbri dell’ufficialità. Tutto dipende dalle mosse delle rispettive diplomazie, che dopo il blitz dell’altro giorno lavorano a pieno regime. Da una parte, la Lega è convinta che solo a Est ci siano le giuste sensibilità politiche per combattere «l’invasione straniera» e l’«espansionismo islamico». Inutile ricordare gli elogi spesi da Matteo Salvini per la Russia di Vladimir Putin. Dall’altra, a Budapest vogliono allargare le amicizie in chiave europea.
Orbán, considerato da molti un estremista, è un uomo di governo ed è iscritto al Partito popolare europeo insieme ad Angela Merkel. Nonostante il filo spinato contro i clandestini, in terra magiara c’è chi lo fa passare per un mollaccione. È il partito di destra Jobbik, meglio noto come Movimento per l’Ungheria migliore: è accusato di antisemitismo e di sicuro è contro l’Unione europea, tanto da chiedere a gran voce un referendum per uscirne.
Jobbik può vantare una rete di amministratori locali che lo rende radicato in tutto il Paese, ma non piace a Marine Le Pen. La Lega, che a Bruxelles è alleata con la leader del Front National, si muove quindi con cautela. Tastando il terreno ed evitando di stringere patti imbarazzanti o perlomeno prematuri. D’altronde l’amicizia con la Le Pen rappresenta il fiore all’occhiello delle relazioni internazionali di via Bellerio, e quindi c’è massima attenzione per non creare incomprensioni con i francesi.
Tutto va letto nell’ottica del nuovo progetto salviniano: creare una forza di governo, capace di schiudere i granai di voti moderati e credibile anche all’estero. Ecco perché ha deciso di cambiare strategia sul fronte comunicativo, mandando in tv esponenti particolarmente misurati come Luca Zaia, Giancarlo Giorgetti, Lorenzo Fontana o Massimiliano Fedriga. Ma ora in via Bellerio tengono tantissimo anche ai leader stranieri.
Prezioso, a questo proposito, il comitato delle regioni che si ritrova a Bruxelles e che vede coinvolti – tra gli altri – due amministratori leghisti come il governatore del Veneto e Bianchi. In questo contesto, a migliaia di chilometri dalla Padania, l’agenda di via Bellerio si è arricchita con nomi e riferimenti di sindaci e politici stranieri sparsi in tutto il Vecchio Continente. Risultato. A fine novembre è in calendario la scuola quadri leghista, e il programma prevede parecchi relatori che arrivano da fuori. I quali sono stati invitati con il compito di parlare soprattutto di immigrazione. Tra loro spicca Norman Gobbi dal Canton Ticino, esponente della Lega dei Ticinesi.
Proprio in Svizzera, da sempre modello per il Carroccio, le recenti elezioni hanno certificato l’avanzata della destra. I risultati sono stati seguiti con particolare interesse dai leghisti di Varese. Da alcuni anni, già dai tempi della leadership bossiana, i rapporti con gli elvetici sono infatti frequenti. Storico il feeling con Giuliano Bignasca detto il Nano, morto nel 2013: quando Mario Monti arrivò a Palazzo Chigi, in piena crisi economica e istituzionale, una delegazione leghista incontrò Bignasca in gran segreto per immaginare l’annessione di alcune province lombarde al Ticino. La pattuglia del Carroccio era composta, oltre che da Mascetti e Bianchi, da big come Dario Galli, Attilio Fontana, Stefano Candiani.
Ora il numero uno della Lega, Salvini, alza l’asticella dell’ambizione. Sognando, oltre a Palazzo Chigi, anche le cancellerie europee.