il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2015
Commissariamenti, fusioni, acquisizioni e salvataggi in extremis: quattro anni di Banca d’Italia modello Visco
Gli anni della Bankitalia targata Ignazio Visco, salito al potere nel 2011, passeranno alla storia per essere quelli in cui le banche commissariate, nemmeno una manciata fino al 2012, sono balzate sopra la decina. Non è andata bene nemmeno ai grandi istituti di credito, perché con gli stress test europei son venuti al pettine tutti i nodi degli anni delle vacche grasse. Il difficile contesto economico ha giocato un ruolo chiave, ma gli istituti che sono entrati in crisi più degli altri si portavano dietro un bagaglio di vecchi errori, se non di veri e propri comportamenti fraudolenti, che quando le cose si sono messe male per tutti si è trasformato in sofferenze. Sia emotive per i vertici, che hanno cominciato a vacillare, sia per i portafogli delle banche, con molti prestiti che non sono più stati rimborsati. Soprattutto, però, il contesto difficile ha fatto da terreno fertile alla nuova tornata di fusioni nel mondo del credito benedette, se non addirittura studiate e incoraggiate, dall’Autorità di palazzo Koch. Un processo che sarà accelerato dalla riforma delle Popolari varata quest’anno dal governo di Matteo Renzi e, dicono i rumors, fortemente voluta, se non scritta, dalla banca centrale.
Il quadro comincia a farsi fosco a inizio 2013, quando il ministero dell’Economia, su proposta della Banca d’Italia, opta per il commissariamento della Popolare di Spoleto. Di lì a poco, nel 2014, se la compra il Banco di Desio e della Brianza, gradito a via Nazionale più degli altri soggetti che nel frattempo hanno messo gli occhi sulla piccola banca umbra.
Proprio la scelta di Bankitalia di consegnare l’istituto a Desio è ora nel mirino della procura di Spoleto, che sta indagando anche sul governatore Visco. Sempre nel 2014, con il contributo al solito decisivo di Palazzo Koch, si decidono le sorti di un’altra piccola banca, Tercas, entrata in crisi soprattutto per finanziamenti al settore immobiliare e commissariata già dal 2012, che finisce alla Popolare di Bari.
Nel maggio del 2013 scatta l’amministrazione straordinaria anche per la Cassa di risparmio di Ferrara, che a oggi ancora non ha trovato un vero e proprio salvatore. Sembra destinato a scendere in campo, proprio in questi giorni, il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Stessa sorte per Banca Marche, commissariata nell’ottobre del 2013: nessuno l’ha voluta e a metterci una pezza sarà il Fitd. Un copione destinato a ripetersi con la Popolare Etruria e Lazio, la banca vicepresieduta da Pier Luigi Boschi, papà del ministro Maria Elena, schiacciata dal peso delle sofferenze e finita in commissariamento a febbraio. Da tempo Bankitalia sollecitava “l’ingresso di un partner bancario di elevato standing”, sperava cioè che qualche anima pia se la comprasse. Ma nessun cavaliere bianco si è palesato e ora l’ipotesi più plausibile è l’ingresso del Fitd, con un assegno da 700 milioni, che andrebbero ad aggiungersi ai 300 per Ferrara e al miliardo per Marche.
E poi ci sono gli istituti più grandi, che lo scorso autunno sono passati sotto il torchio dei test europei. Una procedura complessa, basata su una valutazione della qualità degli attivi a fine 2013 (asset quality review) e una misurazione della tenuta dei bilanci in uno scenario base e in uno avverso (stress test appunto).
La Bce ha predisposto una prima pagella che è stata poi corretta dalla Banca d’Italia sulla base delle misure attuate dagli istituti nel 2014. Solo Monte dei Paschi di Siena e Carige sono state bocciate senza appello. Per loro, dopo i numerosi aumenti di capitale degli ultimi anni che non hanno sistemato la situazione finanziaria come si sperava e a dispetto delle dichiarazioni di indipendenza dei vertici, si aprirà una fase di aggregazioni o, meglio, saranno comprate da altri gruppi più solidi. Per Carige si è parlato della Popolare di Milano, mentre per Mps qualcuno ha addirittura azzardato il coinvolgimento di Unicredit. Quest’ultima ha superato i test europei ma sta avviando un massiccio processo di dismissioni per evitare che si avveri quel che temono gli analisti: un nuovo aumento di capitale. Per questo c’è chi mette in guardia: integrare Mps in Unicredit potrebbe unire due debolezze anziché migliorare la situazione finanziaria senese.
Poi ci sono le banche che hanno superato i test europei con riserva, che sono state cioè salvate in extremis dalle correzioni di Bankitalia: tra queste Popolare di Vicenza e Veneto Banca, entrambe alle prese con travagliate uscite degli storici vertici e complessi processi di ristrutturazione. La prima ha scongiurato la bocciatura grazie a una misura contabile dell’ultimo momento, benedetta da Bankitalia e riguardante la conversione di un’obbligazione in capitale. Eterne promesse spose, le due Popolari del Nord est, complice la riforma di Renzi, sembrano destinate a soccombere confluendo dentro qualche gruppo più robusto.