la Repubblica, 22 ottobre 2015
«Scusi ma lei era in piedi su una sedia quando ha sparato?». La versione di Francesco Sicignano, l’uomo che ha sparato al ladro a Vaprio D’Adda, viene contraddetta dalla balistica
Il buio della cucina, con «un oggetto luminoso, tipo laser, che mi puntava addosso», oppure la luce fioca del ballatoio, degli altri palazzi, dei lampioni lontani di via Marconi? L’entrata per quel percorso tortuoso che porta il ladro a scavalcare la ringhiera, costeggiare il vuoto sulle tegole per qualche metro, aprire una finestra scorrevole? E poi la stessa via di fuga, ripresa da una persona che, sempre nel buio casalingo raccontato da Francesco Sicignano, si allontana con un proiettile che lo ha appena trapassato dal torace a sotto la scapola sinistra, con una ferita che non sanguina né sugli infissi né sulle tegole, ma diventa una scia e poi una pozza di sangue sulle due rampe di scale che portano davanti all’appartamento del primo piano, quello che fu della mamma del pensionato di Terracina fino alla morte di agosto?
Interrogativi, contraddizioni. Il pm Antonio Pastore e il procuratore aggiunto Alberto Nobili li mettono in fila da martedì mattina e diventano un rosario durante l’interrogatorio di un signore di 64 anni che per 21 ha avuto una pistola, e poi due, nel cassetto, e non le ha mai usate. Sicignano si ostina, ribadisce, puntualizza. «Ve lo ripeto, mi sono svegliato per i rumori e me lo sono trovato davanti in cucina, a poca distanza. “Cosa fai? Che vuoi?”, gli ho urlato. Ma lui niente, veniva verso di me, era minaccioso. Ho sparato. Non lo sapevo che non era armato, non avrei mai sparato verso di lui, forse in aria». E dopo, signor Sicignano? «E dopo è uscito dalla finestra, da dove era entrato. Quando sono uscito ho visto gli altri due complici e ho sparato in aria». Aggiunge: c’erano bottiglie sul davanzale, dentro la finestra, il ladro è passato da lì e le ha rotte. I cocci rilevati dai carabinieri paiono confermare.
Ma non si convincono i magistrati. «Era in piedi su una sedia quando ha sparato?». Francesco Sicignano sgrana gli occhi: «No, perché?». Perché, spiegano anche al suo legale Antonella Pirro, la balistica è chiara e i fori di entrata e uscita indicano una traiettoria dall’alto in basso. Come, aggiungono, se avesse sparato dalla cima delle scale su una persona che le stava ancora salendo. In diagonale, però, visto che il colpo esce sotto la scapola a sinistra, ed è un altro elemento a favore del pensionato, compatibile con un bersaglio mobile, al buio. Resta però il dubbio che Joni in casa non sia mai entrato, come indicherebbero i rilievi dei carabinieri della Compagnia di Vimercate e del comando di Milano.
Perché, come già trapelato martedì, in casa non è stata rilevata una sola goccia di sangue. Perché sulla finestra scorrevole («Era chiusa, come sempre», ribadisce l’indagato) non c’era segno di scasso, nonostante i vetri sul pavimento. E saranno poi le perizie, ancora più dell’autopsia, a chiarire se una ferita del genere, un singolo colpo sparato da poco più di due metri di distanza e al bersaglio grosso, un colpo che rende inutili le manovre irrobustire la versione di Sicignano, il proiettile ritrovato dai carabinieri nella cucina di casa, a fine interrogatorio lo inguaia ulteriormente. E non solo perché l’ogiva è sana, vergine, verosimilmente mai passata per la canna della calibro 38. Ma anche perché «è stata ritrovata in una posizione incompatibile con la dinamica raccontata – ragiona un investigatore – e cioè dall’altra parte della stanza rispetto all’ipotetico faccia a faccia tra l’indagato e la vittima». Non si spingono a ipotizzare la messinscena, in Procura, ma le discrepanze sono ora cristallizzate a verbale. E lo scenario del colpo per uccidere sparato a sangue freddo per prevenire l’ennesimo furto appare sempre più credibile.
Il proiettile mortale, con ogni probabilità deformato dallo sparo e dall’impatto col corpo del ladro albanese, non è stato ancora ritrovato, né nel cortiletto della palazzina dei Sicignano e nemmeno tra i giardini e gli alberi della villette di via Cagnola. Torneranno a cercare i carabinieri, ma l’elemento al momento non è ritenuto decisivo, la priorità è la caccia ai complici dell’albanese e l’indicazione della sua fidanzata, che ne aveva denunciato la scomparsa martedì pomeriggio senza sapere ancora della tragedia, è un punto di partenza «significativo» per sviluppare contatti, tabulati e movimenti. Ma questi sono pensieri lontanissimi dalla mente di Francesco Sicignano. Lo erano già ieri mattina, quando ha chiamato il consigliere regionale Riccardo De Corato di FdI per ringraziarlo del corteo e raccontargli la commozione quando ha sentito Mameli. Quello che sbatteva il cancello alle sue spalle, ieri pomeriggio, stretto nel suo giubbotto di pelle, era un uomo tormentato. Lontanissimo dall’eroe del balcone.