Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 21 Mercoledì calendario

Altro che maschi e femmine, i sessi sono diventati 56

Maschi e femmine sono morti. Al massimo sono due etichette sulla porta dei servizi igienici. Ieri, sul sito del Corriere della Sera, è stato pubblicato un’interessante video-inchiesta su un cinquantenne milanese che da anni va in giro vestito da donna. L’uomo, interpellato sulla sua identità sessuale dai giornalisti, ha risposto con una naturalezza disarmante: «Sono un crossdresser». Cross che?, si saranno chiesti molti lettori. Crossdresser, secondo Wikipedia, è colui che «indossa vestiti comunemente associati in un determinato ambito socio-culturale al ruolo di genere opposto al proprio». Un travestito, insomma. Senza offesa per i travestiti tradizionalisti che amano chiamarsi ancora con il loro nome. Ma il crossdressing, figlio in provetta del gender, è solo una delle tante e folli categorie che stanno nascendo attorno a questa ossessione del «genere».
L’anno scorso Facebook, il più grande condominio del mondo, ha annunciato di voler concedere ai suoi iscritti la possibilità di definire i propri gusti sessuali tra 56 tipi di gender. Cinquantasei. Maschio e femmina sono categorie démodé. Viviamo nell’era della complicazione sessuale. Ce n’è per tutti i gusti e pure per tutti i disgusti: dai pangeder (pansessuali) ai transessuali declinati in tutte le salse possibili, dai classici bisessuali agli angelici neutrois, che sarebbero dei senza sesso. E poi ci sono gli indecisi: i gender fluid, quelli che a seconda dei giorni sono un po’ di qua e un po’ di là. Ma basta fare una ricognizione in rete per scoprire che le categorie del gender non sono 56, ma sono infinite. Una selva di neologismi costruiti in modo sartoriale per i più svariati gusti sessuali. Anche LGBT, che sembra un virus ma è la sigla sotto la quale vengono difesi i diritti arcobaleno, non va già più bene. In Canada hanno elaborato LGBTTIQQ2SA, che non è un codice fiscale, ma un acronimo per rappresentare la comunità di «lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, transgender, intersex, queer, questioning, two-spirited e alleati», qualunque cosa questa sfilza di parole incomprensibili voglia dire. Tutto in nome del gender. Che sta diventando una ossessiva ostensione pubblica di abitudini private, anzi privatissime. Perché alla fine è tutta una questione subombelicale, da lì non ci si sposta: o sei un maschio o sei una femmina. A prescindere dalla persona con cui ti infili sotto le coperte. La natura è più forte di tutto, anche della moda gender.