La Stampa, 21 ottobre 2015
Conviene che una moglie dica al marito (o un marito alla moglie): «Dobbiamo parlare»? Inchiesta sulla coppia e sul suo bisogno di verità e bugie
«Dobbiamo parlare…». Scagli la prima pietra chi – stando in coppia – non ha pronunciato almeno una volta questa frase.
Volendo divertirci con le statistiche, scopriremmo che sono soprattutto le donne, con una schiacciante maggioranza di trenta-quarantacinquenni, a invocare chiarimenti, spesso sull’onda di un’emozione. A pretendere una discussione seria. Sempre. A loro rischio e pericolo. Ma serve? Aiuta? Provocatoriamente, «Dobbiamo parlare», il film di Sergio Rubini (oggi alla Festa del Cinema di Roma, nelle sale dal 5 novembre) suggerisce che forse sarebbe meglio non farlo o, se proprio si deve, bisognerebbe affrontare la giungla intricata della sincerità con la circospezione di un esploratore.
Si domanda Rubini: «L’amore, quello con la A maiuscola, è sufficiente a tenere insieme due persone per la vita? Siamo portati a credere che siano i beni materiali, le proprietà da condividere e poi da dividere, a venare le relazioni di segreti, egoismi e meschinità. Ma non potrebbe essere vero anche il contrario? Quei “beni materiali” non sono maniglie alle quali aggrapparsi di fronte ad una crisi? L’amore e basta, invece espone a un rischio strisciante e insidioso, che oggi s’è fatto ancora più marcato. L’individualismo. Così può capitare che nel corso di una nottata venga fuori tutto il non detto di anni. E c’è il rischio che si cominci a scavare fino a raggiungere pericolosamente quella linea d’ombra, in cui forse l’unico amore è quello per se stessi». Succede alle due coppie del film, i Veterani (Costanza e Alfredo, Fabrizio Bentivoglio e Maria Pia Calzone) e i Romantici (Vanni e Linda, Sergio Rubini e Isabella Ragonese), ma moltissime altre si ritroveranno nell’interminabile ping pong di deliri notturni che fanno emergere tradimenti, insofferenze, piccoli segreti e non solo. Allora sarebbe meglio non parlare?
Dal silenzio alla rabbia
«“Muti come pesci?», si chiede Rubini. Domanda problematica, eppure aggirabile, perché si comunica in parecchi modi: con il silenzio, con il rifiuto, con la rabbia. Con le micro-espressioni del viso, chiamate «i quattro cavalieri dell’apocalisse». E si arriva sempre lì: «Dobbiamo parlare».
Le star non sfuggono alla regola. Will Smith e la moglie Jada tengono in piedi il loro matrimonio rinegoziando continuamente le regole e ogni «talk» allontana la feroce divorzista Laura A. Wasser, soprannominata «Disso Queen», mentre Helena Boham Carter e Tim Burton hanno seguito le indicazioni «exit». Megan Fox e Brian Austin Green, 11 anni insieme, due figli, avevano un «patto di sincerità»: parlavano così tanto e con tanta onestà che alla fine hanno rotto. Brad Pitt e Angelina Jolie «fanno manutenzione», agevolati nelle chiacchierate rituali dal mistico Ron Bard.
Il guru new age
In America, dove sono disperatamente evoluti, al primo segnale di crisi si corre da un terapista, da un guru new age, da uno psicologo passato dall’assicurazione medica di base (35 dollari) o in un «love lab», idea geniale di John Gottman, professore di psicologia all’Università di Washington, che dopo aver osservato per un quarto d’ora una coppia sa dire se tra quattro-sei anni sarà ancora insieme con un’approssimazione dell’83%. Normalmente, li invita a neutralizzare un momento cattivo con cinque momenti buoni. Solo mantenendo questa proporzione – sostiene – la coppia metabolizza le inevitabili incomprensioni e va avanti. Lois Braverman, direttrice del newyorchese «Ackerman Institute for the Family», riconosce i meriti dell’approccio: «È importante evitare l’escalation, spegnere subito l’incendio». Ma non è detto. E certe volte non è neanche possibile.
Intelligenza conflittuale
Daniele Novara, pedagogista e «counselor», massimo esperto italiano di gestione dei conflitti, è dell’opinione che a determinate condizioni litigare fa bene. Nel saggio «Meglio dirsele» (Bur Rizzoli) suggerisce una terza via per alimentare l’intelligenza conflittuale, che giudica importante quanto quella emotiva. Spiega: «È necessaria per reggere la fatica del quotidiano, per sapersi ritirare davanti a una crisi isterica, non cercare il colpevole, non imporsi, non dare troppo valore alle esagerazioni, non cadere nella trappola della rabbia. E se il fidanzato vi promette che non litigherete mai, beh, non sposatelo». Scherza Novara, ma non troppo.