Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 21 Mercoledì calendario

La Stampa dedica due pagine al problema dei giovani che si ubriacano. Ecco una scelta dei passi più importanti

Alcol e adolescenti, quello che non sappiamo (Add editore) un reportage giornalistico tra storie di vita e pareri di esperti. Il libro nasce dall’esigenza di indagare l’allarme mediatico sul consumo di alcol tra i minori ma si muove nella certezza che il clamore e i divieti non risolvono un problema che c’è ed è reale.
I binge drinkers
Secondo i dati Espad (indagine europea che coinvolge circa 40 Paesi europei), in Italia due milioni di studenti negli ultimi 12 mesi hanno bevuto almeno una volta alcol, il 55% di loro lo ha fatto meno di dieci volte, quasi 400.000 (il 20%) una volta al mese, per circa 500.000 il consumo è stato più assiduo (fino a 20 volte o più durante l’anno). Se guardiamo i numeri, dice Sabrina Molinaro del Cnr, non ci sono impennate, ma aggiunge Beccaria che «il consumo è sfacciato e visibile anche se la legge vieta la vendita ai minori», regola violata giorno e notte altrimenti non staremmo qui a discuterne. Soprattutto aumenta la quantità di «binge drinkers», ragazzi che bevono solo ogni tanto, ma quella volta bevono più di sei bicchieri.
L’unica raccomandazione possibile per i minori è: ZERO ALCOL. Nel corpo ancora in crescita manca, o funziona a bassissimo regime, l’enzima che serve a metabolizzare l’alcol, questo vuol dire danni per fegato e apparato digerente, mentre il cervello è impegnato in una crescita delicata su cui è saggio non interferire. Per le ragazze, poi, il rischio è maggiorato da una ridotta capacità di smaltimento e dall’interferenza con i recettori degli estrogeni. L’alcol è di sicuro la sostanza psicoattiva più dannosa, accessibile, economica e allo stesso la più diffusa nella nostra società essendo legale. Prima di puntare il dito contro i ragazzi, è bene accendere una luce sopra di noi. E ascoltare quello che hanno da dirci, valorizzando le loro esperienze. La storia di Jacopo, un ragazzo astemio, ad esempio, è fantastica e la sua capacità di dare valore a ciò che per il gruppo è un disvalore («non farsi») è notevole. In Europa, e in particolare nella superalcolica Finlandia, stanno crescendo quelli che come lui non toccano alcol. Forse è il desiderio di distinguersi dalla massa? Bello! Perché non dare valore e visibilità a questi fenomeni? I ragazzi non sono tutti uguali e però li sintetizziamo tutti in un unico titolo, come se fossero una categoria sola. Presi come siamo dalle percentuali di chi ha comportamenti a rischio, ci dimentichiamo di guardare l’altra faccia della medaglia, tipo quel 44% che nell’ultimo mese non ha bevuto, o chi si tiene entro la misura di una birra al mese (Alessandra Di Pietro)
•••
 S’inizia a bere abitualmente a 11 anni, si diventa alcolisti a 25 anni. Sono i dati allarmanti che arrivano dall’Acat di Torino, che abbassa la soglia della «prima volta» già in quinta elementare, delineando un quadro di abuso alcolico sempre più giovane. Sono i maschi a presentare più comportamenti a rischio, ma è in crescita anche il fenomeno femminile: nel 2011 le consumatrici piemontesi di alcolici fuori pasto erano il 18%: oggi i cinque «club alcologici» torinesi – i gruppi di supporto – sono frequentati al 30% da donne.
«S’inizia con vino e birra, ma il passaggio ai superalcolici è sempre più veloce. Se si è registrato un calo dei consumi, in realtà si è solo diversificato a favore delle alte gradazioni», rivela Ivana De Micheli, presidente dell’Associazione dei Club Alcologici Territoriali Torino Centro. Per lo sballo «vengono scelti la vodka, che non lascia odore e dà effetti immediati, e i mix di cocktail, i più amati dai giovani che escono in gruppo». «In Piemonte seguiamo 21 mila persone, di cui più di 7 mila sono alcolisti: numeri in aumento». Le dipendenze sul territorio costano alla Regione Piemonte 31 milioni» (dato fornito dall’assessore Saitta) (Noemi Penna).
•••
 Il professor Matteo Lancini è psicologo e psicoterapeuta specializzato in età evolutiva e insegna all’Università di Milano.
Così giovani e già con la bottiglia in mano. Professore, perché lo fanno?
«Non più per trasgressione, sperimentazione o ancora per opposizione all’autorità paterna, tutte cose che appartenevano ad altre generazioni; oggi lo fanno in funzione anestetica o prestativa, cioè per anestetizzare la tristezza o migliorare una prestazione, che di solito consiste nell’apparire allegri e scatenati nella società dell’immagine e dei social in cui sono immersi».
I genitori, in che cosa sbagliano?
«In realtà non sono così potenti… mai come in questo momento hanno competitor più grandi di loro: il marketing innanzitutto, che si rivolge direttamente ai giovani come non ha mai fatto prima; poi i modelli televisivi, a cui sono abituati fin da piccolissimi 24 ore al giorno sui canali tematici; infine il modello orientativo dei coetanei, forse uno dei più forti. I ragazzi di queste nuove generazioni diventano frequentatori di coetanei fin dall’asilo nido, e a 7-8 anni hanno incontrato il numero di bambini che i genitori forse hanno conosciuto a 20. Tutti questi soggetti – marketing, tivù, coetanei, internet – non hanno intenti educativi ma influenzano moltissimo».
I genitori quindi non sono più decisivi né nel male né nel bene?
«Al contrario, i genitori sono ancora modelli di identificazione fondamentale per i figli e devono fare il massimo sforzo per essere adulti autorevoli che presentano loro il futuro e le risorse necessarie per affrontarlo e costruirlo; devono offrire una relazione di speranza».
Perché è così importante non mostrarsi «angosciati»?
«Perché altrimenti i ragazzi non raccontano; e non perché abbiano paura della punizione, che non spaventa più nessuno, ma perché hanno paura di ferirci, soprattutto le mamme. Non sa quanti adolescenti ci vengono a chiedere di prendere in carico i loro genitori…».