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 2015  ottobre 21 Mercoledì calendario

Svolta a sinistra. Il figlio di Trudeau vince a valanga le elezioni canadesi

DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK Justin vince a valanga le elezioni politiche e il ritorno della dinastia Trudeau al potere in Canada spinge a riaprire album di foto ingiallite: quelle del padre, Pierre, che dominò la scena politica del Paese nordamericano negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, quelli della crescita tumultuosa del Canada. Leader affascinante e anche mondano, Pierre, che diede molto da fare a fotografi e giornalisti anche fuori dalla politica quando, divorziato dalla moglie Margaret che diventerà una delle regine della vita notturna di New York, assidua frequentatrice dello «Studio 54», ebbe varie storie sentimentali con celebrity, tra le quali Barbra Streisand.
Fascino e carisma non mancano nemmeno al figlio Justin che, prima di entrare in politica, ha fatto un po’ di tutto: meccanico, insegnante, istruttore di «bungee jumping», perfino il pugile dilettante. Il suo stile accattivante, il carattere estroverso sicuramente hanno contribuito ad un successo abbastanza inaspettato soprattutto per le sue straordinarie dimensioni. Un risultato che dovrebbe far riflettere i repubblicani americani, visto che la piattaforma con la quale Trudeau ha conquistato il 54 per cento dei seggi (un risultato che nemmeno il padre era riuscito ad ottenere nella sua epoca trionfale, mai visto dagli anni Quaranta del Novecento) è esattamente l’opposto di quella repubblicana: eliminazione degli sgravi fiscali per i ricchi, vasto piano d’interventi sull’ambiente per ridurre l’inquinamento e l’«effetto serra» che fa salire la temperatura del Pianeta, marijuana libera seguendo il modello del Colorado e di qualche altro Stato americano, libertà di scelta sull’aborto.
Alcuni cominciano a ipotizzare addirittura uno spostamento del pendolo politico del mondo anglosassone nella direzione di un progressismo più spinto, visto il prevalere del radicale Corbyn tra i laburisti inglesi e il successo, certamente superiore a ogni aspettativa, del «socialista» Bernie Sanders nel confronto con Hillary Clinton per la nomination democratica alla Casa Bianca.
Non è di certo il caso di trarre conclusioni premature o di tagliare analisi con l’accetta, visto anche che il Canada, dove pesano molto le aree urbane dell’Ontario e del Québec – città come Toronto, Montréal e Ottawa – certamente più del West e delle aree rurali assai poco popolate, è un Paese con una composizione sociale molto diversa da quella degli Stati Uniti: come se qui votassero quasi solo New York, New England e California.
Ma lo spostamento degli elettori canadesi è stato talmente brusco e profondo da far ritenere che nella politica del Paese si sia messo in moto qualcosa di profondo. È emersa, evidente, la stanchezza per la leadership del conservatore Stephen Harper, durata quasi 10 anni, che aveva preso posizioni troppo radicali a difesa del grande capitale (sgravi per i ricchi, taglio della «corporate tax») e si era dimostrato insensibile davanti ai problemi dell’inquinamento e dei mutamenti climatici.
Il Canada volta pagina e lo fa bruscamente: «licenzia» Harper e incorona il giovane Trudeau il cui partito, quello liberale, nelle elezioni politiche di lunedì ha conquistato a sorpresa ben 184 dei 338 seggi in palio alla Camera, mentre i conservatori sono precipitati da 159 a 99. Tracollo anche per il New Democratic Party, più che dimezzato: ha conquistato solo 44 seggi, perdendone 51 rispetto alle elezioni del 2011.
A colpire non è solo la vittoria di Trudeau, che col suo messaggio ambientalista, la promessa di togliere privilegi ai ricchi e di rilanciare i redditi del ceto medio, aveva riempito le piazze: impressiona il voto quasi plebiscitario in un Paese nel quale Harper ha governato per un decennio vincendo tre elezioni senza mai conquistare più del 40 per cento dei voti. Qualcuno vede in Justin un predestinato dalla nascita: era ancora in fasce, nel 1972, quando Richard Nixon, presidente Usa, durante una cena ufficiale in Canada, ospite del padre Pierre, brindò al neonato, «futuro premier». Ora, comunque, dovrà cambiare registro e lavorare sodo, anche perché nella politica canadese i rovesci sono improvvisi come le vittorie: nelle elezioni del 2011 i liberali, il suo partito, erano scesi alla Camera da 77 ad appena 34 seggi.