il Fatto Quotidiano, 20 ottobre 2015
Niente super-aereo: per partire alla conquista dell’America Latina, Renzi dovrà accontentarsi del vecchio e modesto Airbus 319. Stampa e imprenditori al seguito dovranno arrangiarsi
Riunioni su riunioni a Palazzo Chigi, chat interne infuocate, staff del premier affannato e in difficoltà: la missione sudamericana di Matteo Renzi sta per iniziare, ma il nuovo aereo presidenziale è destinato a rimanere a terra. Il sogno del premier di un debutto in grande stile è sfumato. Quattro Paesi (Cile, Perù, Colombia e Cuba) per un viaggio di otto giorni, con a bordo i rappresentanti di tutte le maggiori imprese italiane, con i quali fraternizzare e sui quali fare colpo grazie alle meraviglie del gioiellino aereo: questo era il programma.
E invece, la livrea bianca, la scritta “Repubblica italiana” e le strisce tricolori sulla coda del nuovo Airbus 340-500 preso in leasing (presso una compagnia araba, l’Etihad) dalla Presidenza del Consiglio per 50 milioni di euro annui, il premier le vedrà solo in foto.
L’aereo è in un hangar dell’aeroporto di Abu Dhabi, non è chiaro quando partirà per Fiumicino, ma è certo che il suo debutto non avverrà in occasione del viaggio in Sudamerica. Ritardi nelle formalità di collaudo, scrive Dagospia. Sembrerebbe proprio una beffa: erano mesi che il premier lavorava al progetto-aereo, mesi che aspettava di chiudere il contratto, accarezzava l’idea di un giocattolino in grado di fare viaggi a raggio ultra-lungo (ovvero di evitare gli scali), fornito di wi-fi (in maniera da non perdere il controllo della rete, e soprattutto di Twitter), stanza per lavorare in staff, comodità varie e posti da occupare a volontà.
Il decollo era previsto per mercoledì sera. Anche se già si sapeva che comunque non ci sarebbe stato abbastanza tempo per sistemare l’aereo secondo tutti i piani del premier. Meglio di niente: l’aereo sarebbe stato comunque abbastanza grande da permettere a Palazzo Chigi di portare gente a volontà. Nella fattispecie, prima di tutto gli imprenditori: l’obiettivo della missione, infatti, è la conquista del mercato sudamericano.
Avevano già aderito ben 90 rappresentanti delle imprese italiane, (da Enel a Eni, passando per Finmeccanica, Ansaldo e Impregilo), oltre a una trentina di giornalisti, che sarebbero stati al seguito della delegazione del presidente del Consiglio. E Renzi avrebbe potuto discutere nelle lunghe ore di volo gli affari che sta andando a concludere in Sudamerica per conto del governo italiano. E invece, niente di fatto.
Si parte con l’aereo “piccolo” (il vecchio Airbus 319), ben più modesto. La stampa resta a piedi. Ovvero deve trovare un altro modo di arrivare. Gli imprenditori non c’entrano tutti, e quindi a Palazzo Chigi stanno pensando come risolvere la situazione, magari dividendoli in due gruppi. Ma come giustificare il fatto che alcuni viaggeranno con il premier e altri no?
Le verifiche sono in corso, i conti dei posti a disposizione pure. Non senza problemi: il viaggio per i rappresentanti delle aziende è interamente a pagamento e l’occasione più ghiotta anche per loro era quella di volare con il premier. E quindi, il numero finale dei partecipanti è destinato a scendere sotto i novanta. Si aspettano defezioni e proteste. Intanto, pare che la defaillance del super jet abbia già creato ritardo e confusione anche dall’altra parte del mondo: non si arriva più a Santiago del Cile giovedì sera, come previsto dal programma iniziale, ma (pare) venerdì. La conquista dell’America Latina inizia all’insegna del caos.