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 2015  ottobre 20 Martedì calendario

Pil cinese, qualcosa non quadra: nonostante vari indicatori negativi, ieri Pechino ha annunciato un tasso di crescita del 6,9%, quasi perfettamente in linea con gli obiettivi del governo. Sempre più economisti sospettano però che il dato sia gonfiato, e ipotizzano una crescita effettiva del 6,5%, se non del 3-4%. «La scarsa trasparenza alimenta le fantasie. Che fanno male a tutti: alla Cina e ai mercati»

La Cina non smette mai di stupire. Nel bene o nel male. Dopo una lunga serie di indicatori economici che hanno sorpreso gli addetti ai lavori in negativo, ieri il dato sul Pil del terzo trimestre ha lasciato tutti a bocca aperta per il motivo opposto: la crescita del 6,9% è infatti più elevata di quanto atteso dal mercato. La notizia sarebbe positiva se non fosse “macchiata” da un tarlo che assilla gli investitori: com’è possibile che tanti indicatori cinesi mostrino un violento rallentamento, mentre il Pil continua a crescere indisturbato in linea con gli obiettivi del Governo? Insomma: possibile che i dati sul Pil cinese siano un po’ “gonfiati”? Possibile che nella realtà il Paese stia rallentando in maniera ancora più marcata di quanto non appaia dalle statistiche ufficiali?
Gli ultimi indicatori mostrano infatti una Cina ben meno vivace di quanto il +6,9% del Pil (sebbene sia il dato più basso dal 2009) lasci intendere. Settimana scorsa la bilancia commerciale ha certificato un crollo delle importazioni a settembre del 17,7%, ben sotto le attese. Da luglio a settembre – calcola Antonio Cesarano di Mps Capital Services – si sono dimostrati inferiori alle aspettative l’indice Pmi, la produzione industriale, l’import e l’export. Dati rilevanti, insomma. Eppure il Pil sembra viaggiare su un binario diverso: quasi perfettamente allineato con gli obiettivi del Governo, che punta a una crescita del 7% nel 2015.
Eppure vari indicatori sembrano smentire questo brio. Per esempio i consumi di energia. La Repubblica Popolare è un Paese manifatturiero che usa una grande quantità di energia. Storicamente la crescita del Pil è quindi sempre andata di pari passo con i consumi di elettricità: calcola David Fridley del China Energy Group, che dal 2005 al 2013 mediamente per ogni punto percentuale di crescita del Pil la domanda di elettricità è aumentata dell’1,09%. Ultimamente, però, l’equazione si è rotta: nel 2014 il Pil cinese è infatti aumentato del 7,3%, mentre il consumo di elettricità (secondo il National Energy Administration) è salito di appena il 3,8%. E nel 2015 il confronto è ancora più stridente: l’economia nel primo semestre è cresciuta ad un tasso annualizzato del 7%, mentre i consumi di elettricità si sono fermati a +0,7%. E discorsi analoghi si possono fare per altre materie prime. È vero che l’economia è sempre più focalizzata sui servizi, ma questo basta per scorrelare in questo modo i consumi energetici dal Pil?
Analogo discorso per le aziende. Se il Pil cresce a buoni ritmi, allora le imprese dovrebbero registrare buoni ricavi. Eppure no: secondo i dati di Capital IQ, quest’anno fino ad ora il fatturato delle aziende cinesi è calato dello 0,8%. Questo dato si confronta con il +28,5% del 2011, il +10,9% del 2012, il +12,4% del 2013 e il +1% del 2014. Per non parlare del mercato immobiliare, che produce il 15% del Pil cinese: i prezzi delle case crollano, ma la crescita del Paese non sembra particolarmente colpita. Ecco perché sul mercato sempre meno economisti credono alle stime ufficiali. Generalmente gli esperti ipotizzano una crescita del 6,5%, ma c’è anche chi si spinge ben più in basso fino al 3-4%. D’altra parte la scarsa trasparenza alimenta le fantasie. Che fanno male a tutti: alla Cina e ai mercati.