Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 20 Martedì calendario

Stile americano, successo italiano: intervista a Claudio Del Vecchio, dal 2001 proprietario dello storico marchio statunitense di camicie Brooks Brothers. «Ho raddoppiato il fatturato puntando solo sulla qualità, e su un cotone superiore. Il prossimo obiettivo è la conquista della Cina»

Gianni Agnelli, David Rockefeller, Cary Grant, Fred Astaire, Andy Wharol, Woody Allen e Barack Obama: un parterre de roi unito da un comun denominatore, essere clienti di Brooks Brothers. Colpisce che un marchio così americano, per gusto e tradizione, sia interamente di proprietà italiana appartenendo dal 2001 a Claudio Del Vecchio, figlio del patron Luxottica Leonardo. L’imprenditore trentino, classe 1957, si è trasferito a New York e ha rilanciato la mitica griffe d’abbigliamento di cui è presidente e amministratore delegato, riuscendo a creare un forte gruppo da oltre un miliardo di fatturato. Oggi ci racconta gli ingredienti del successo, lo spirito aziendale e i progetti futuri.
Mister Del Vecchio, che effetto fa stare da anni al timone di una celebre azienda statunitense, una vera istituzione nell’universo fashion internazionale?
«Nessuno può capire meglio di me il privilegio e la responsabilità derivanti dal guidare questa impresa, essendo fin da giovane appassionato di camicie botton down e di quello stile preppy tanto caro all’upper class d’oltreoceano. Dopo tanti anni da affezionato cliente, nel 2001, ho deciso con slancio di acquisire Brooks Brothers. Tra poco raggiungeremo un traguardo importante, il secondo centenario di attività, e insieme al mio team stiamo per scrivere il prossimo capitolo della storia del brand, che avrà un futuro brillante come il suo passato».
Da quando è divenuto proprietario i ricavi societari sono cresciuti enormemente. Quale il segreto?
«Ho la grande soddisfazione di essere riuscito a raddoppiare il fatturato, portandolo da 500 milioni di dollari al momento dell’acquisto fino al miliardo e 200 milioni di oggi. Solo puntando sulla qualità, con cui si era sempre identificato il marchio, poteva continuare un percorso di successo. Fin dalla sua fondazione a New York nel 1818 il primo obiettivo è stato servire il cliente attraverso il valore, il pregio e l’innovazione dei prodotti o servizi».
Negli States si parla tanto dello spirito “Brooksy”. Cosa rappresenta?
«Nel tempo siamo rimasti autentici, nonché fedeli al Dna della griffe, un mix unico di glamour e tradizione. Ogni giorno ci impegniamo per differenziare i nostri capi in modo che rispondano alle reali esigenze del pubblico: infatti Brooks Brothers è apprezzato perché riflette, oltre al modello americano, un riconoscibile stile di vita».
Quali sono le aree commerciali per voi più interessanti e dove avete in programma nuove aperture di boutique?
«Oggi i principali mercati in termine di fatturato risultano, nell’ordine, Stati Uniti, Giappone e Corea. Segue poi la zona EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa), mentre abbiamo appena firmato un partnership per rafforzarci in Cina. Sono tanti i progetti all’orizzonte, inaugureremo 60 negozi Brooks Brothers in diversi continenti riuscendo a coprire oltre 50 nazioni. L’anno scorso abbiamo lanciato un importante store nel cuore di Roma, uno dei miei preferiti e a cui mi sento particolarmente legato».
Per i vostri capi utilizzate un cotone superiore denominato Supima. Le iconiche camicie Brooks Brothers quanto durano?
«Esistono poche fibre al mondo uniche e speciali come il Supima. Spesso definito ’il cashmere dei cotoni’, possiede una consistenza eccezionale, forte, morbida e resistente allo stesso tempo, capace di garantire funzionalità e lunga vita ai prodotti. Cresce solo in alcune regioni degli States o del Messico, e la sua produzione rappresenta l’1% di quella totale in cotone. Supima è presente in tutte le collezioni Ralph Lauren, uomo, donna e bambino, spaziando dalle famose shirt all’abbigliamento sportivo».
Può indicare i capi più amati dalla clientela?
«Direi che il primato spetta alla camicia maschile botton down, seguita dalle cravatte e dai completi classici, eleganti e trendy. Senza dimenticare la linea donna, dove stiamo riscuotendo un buon gradimento commerciale, che incide per circa il 20% del business. Tuttavia la prospettiva rimane quella di incrementare le vendite grazie alla collezione disegnata da Zac Posen e disponibile in ogni boutique a partire dalla primavera estate 2016».
Siete presenti a Expo 2015 vestendo il personale del Padiglione americano. Che impressioni avete sulla Rassegna Universale di Milano?
«L’azienda Brooks Brothers è orgogliosa di essere partner e sponsor del Padiglione America. Rappresenta un evento irripetibile, significativo e siamo fortemente allineati con la missione di Expo, nell’evidenziare gli innovatori Usa che influenzano la cultura su scala globale. La kermesse risulta un’efficace vetrina mediatica e un’opportunità per rafforzare l’immagine del nostro marchio in Italia e nel mondo».
Dottor Del Vecchio, ben 39 Presidenti degli Stati Uniti hanno indossato abiti Brooks Brothers. Quale secondo Lei il migliore ambasciatore del brand?
«Per quasi due secoli Brooks Brothers ha personalizzato il look di attori, manager, capitani d’industria, artisti, personaggi politici e soprattutto Presidenti della Nazione, divenendo parte integrante nella storia del costume americano. Senza fare una graduatoria, ricordo l’indumento speciale confezionato per Abramo Lincoln, con all’interno un’aquila ricamata e la scritta “One country one destiny”. E poi la mantella indossata da Roosevelt a Yalta, il tris cappotto, sciarpa e guanti portati da Barack Obama il giorno dell’insediamento nel 2009, terminando con Kennedy e il record di oltre cento camicie che vanta Bill Clinton».