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 2015  ottobre 20 Martedì calendario

Piccoli grillini crescono. Se l’impettito Di Maio va bene per le vecchie zie, a incarnare l’anima profonda dell’universo pentastellato è piuttosto il piacione Di Battista, con tutte le sue contraddizioni. «Il Dibba (come lo chiamano affettuosamente i suoi fan) è perfetto per fare il giovane leone e per aspirare a cariche importanti nel Movimento, che rappresenta tutto e il contrario di tutto»

Al duo storico dei Cinque Stelle, l’ascetico e un po’ funereo Casaleggio e l’estroverso Grillo, si sono affiancati negli ultimi tempi – con un cambio di generazione e di latitudine – due deputati che emergono su tutti gli altri: Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista.
Il primo – avellinese – fa il giovane Casaleggio, tutto serioso, impettito e con il grigio aplomb di un dirigente di secondo livello del catasto. Non dice mai una parola fuori posto, ha la barba sempre rasata di fresco, la discriminatura impeccabile come un manichino e la frizzante mimica facciale di un termosifone. Il secondo – romano – è il piacione e bellone del gruppo: barbetta trasandata da sciupafemmine francese e abbigliamento casual calibrato per soddisfare i gusti effervescenti della base ma sobrio quanto basta per non farsi cacciare dall’Aula dalla Boldrini. Tutti ripetono che non ci sono passaggi di testimone sotto la volta pentastellata ma è piuttosto palese che entrambi i virgulti «studino da leader».
La postura impettita di Di Maio va benissimo per telegiornali e vecchie zie ma meno per una platea affamata di «vaffa» cui sembra più adatto il Di Battista, che è anche perfetto per incarnare l’anima profonda dell’universo Cinque Stelle con tutte le sue incongruenze e pittoresche contraddizioni. Cooperante nel Terzo Mondo, «esperto» di problemi di sviluppo, collaboratore della Caritas, è fatto su misura per la navigazione a vista nel Mar dei Sargassi grillino, con le sue ondulazioni nella post-modernità dell’accoglienza, nella melassa del multiculturalismo e nel minestrone di ius soli, reddito di cittadinanza e tutte le altre oniriche delizie da Paese dei Balocchi dei progetti grillini.
Anche in termini ideologici è perfetto. Ha un padre che al meeting di Fiuggi ha orgogliosamente ostentato le sue maschie propensioni littorie («Non sono di destra, sono fascista che è un’altra cosa»), mentre lui stesso aveva divulgato in rete la sua immagine gioiosa sotto il monumento del Che agghindato con una vistosa ed eloquente maglietta con falce e martello. Più giovane voleva fare il cantante e l’attore e aveva fatto un provino per «Amici» di Maria De Filippi ma era stato scartato: evidentemente la signora Costanzo è più severa di Grillo nel selezionare i suoi collaboratori. Giorni fa si è presentato alla manifestazione dei sindacati di polizia con cameraman al seguito: si è fatto riprendere nel proclamare con vigore la sua intenzione a non salire sul palco per non volersi confondere con chi ha votato il rifinanziamento dei partiti. Non ha esitato a cacciare una sfacciatissima bugia: sul palco con maglione da poliziotto furoreggiava il capo della Lega che sulla vicenda ha votato come i Cinque Stelle. Ciò nonostante si è gigionescamente incassato l’ovazione di tanti poliziotti un po’ «confusi» sulle vere posizioni dei grillini in fatto di ordine pubblico, immigrazione e Centri sociali. Proprio per tutto questo il Dibba (come lo chiamano affettuosamente i suoi fan) è perfetto per fare il giovane leone e per aspirare a cariche importanti nel Movimento, che rappresenta tutto e il contrario di tutto, che costituisce la più efficace personificazione della Commedia all’italiana, delle spumeggianti incoerenze di Pulcinella, del gioco delle parti che consente di mascherare le contraddizioni come colpi di coerenza. Il simpatico Diba sarebbe piaciuto a Luigi Barzini che avrebbe aggiornato una delle sue sublimi perfidie: «Fare il grillino è sempre meglio che lavorare».