Il Messaggero, 20 ottobre 2015
A tavola con Federico II di Svevia, tra arancini arabi e dieta mediterranea
Un ricettario sepolto tra i tesori della Biblioteca Apostolica del Vaticano, un divertente corpus di ricette medievali per provare a casa i sapori di una corte antica, una fiaba d’amore e di passione che si snoda intorno a un piccolo mistero storico diplomatico: sono questi gli ingredienti di un raffinato divertissement di prossima pubblicazione. Il titolo porta subito al cuore della vicenda: Gli arancini dell’Imperatore, dove il Sovrano è Federico II, mentre l’autrice è Barbara Frale, capace come pochi di mettere insieme il rigore della studiosa medievalista, con la scanzonata leggerezza di una scrittura anche capace, come in questo caso, di non cedere alle trappole dell’erudizione. Dal volume quattrocentesco della Biblioteca Apostolica, il Palatino Latino 1768, si snoda così un complesso fil rouge che arriva a un testo del XIII secolo, il Meridionale, una raccolta di ricette che avrebbe conosciuto un enorme successo presso le Corti del tempo e che, secondo l’autrice, sarebbe da ricondursi a Federico II di Svevia, imperatore geniale e gaudente, coltissimo e anticonformista. Non a caso il Meridionale rappresenta una felice sintesi di saperi e sapori di culture diverse: dagli arabi, insieme a tutta una serie di prescrizioni di tipo sanitario relative alla dieta, vengono anche gli arancini (le arancine del palermitano), un mix di carne e di riso che, nella panatura, si presta al trasporto, magari in una battuta di caccia col falcone, cara all’imperatore, autore anche di un libro su questo tipo di venazione aristocratica. Dagli arabi arriva soprattutto la pasta, un formato di cui si appropriarono rapidamente i genovesi contribuendone al commercio e alla diffusione. E ancora, nel Meridionale si trovano ricette bizantine e dell’antica Roma che, insieme a repertori regionali, vengono a formare un corpus che rappresenta senza dubbio il primo trattato unitario di cucina italiana, compresi alcuni principi di quella che avremmo chiamato negli anni ’50 del ’900 “dieta mediterranea”. Federico amava infatti le verdure e i cereali, alimenti nutrienti e depurativi, usando con moderazione della carne, che era invece considerata indispensabile protagonista della mensa aristocratica. Ma il passaggio unificante cucinario, secondo la studiosa, è lo stesso che produsse, attraverso i poeti della Scuola Siciliana, la nascita del dolce stil novo in Toscana, grazie agli scambi nati all’ombra della corte del figlio di Federico, Federico di Antiochia, Podestà di Firenze dal 1246 al 1247.