Il Messaggero, 20 ottobre 2015
Sempre più imprese italiane si certificano halal ma la finanza islamica segna un rallentamento
Sono 120 le imprese italiane che hanno voluto e ottenuto la certificazione «halal» che attesta prodotti in regola con le normative islamiche. Un modo per accedere più facilmente ai mercati di un vasto mondo in espansione, in particolare nei settori agro-alimentare, farmaceutico e cosmetico. Questo il messaggio emerso dalla prima delle due giornate del 2°Forum dell’Economia Islamica in svolgimento a Torino. Ma mentre dal Campus Einaudi dell’Università di Torino dove sono riunite delegazioni di 25 Paesi islamici, vengono forniti dati di crescita dell’export italiano, da una ricerca di Standard & Poor’s arriva la doccia fredda: la finanza islamica nel 2016, dopo un decennio in cui ha registrato un incremento medio del 10%-15%, segnerà un rallentamento. Cause, secondo S&P, sono il calo dei prezzi del petrolio, i cambiamenti della regolamentazione globale e la natura frammentaria del settore.
Dal Forum torinese Fatimah Habib Eddine, direttore di Finanza Islamica Magazine, segnala che, in effetti, un problema c’è e andrà risolto per non andare incontro a un’inversione di tendenza nella possibilità di crescita del marketing nei Paesi islamici. «C’è bisogno – dice – di un cambiamento nella materia fiscale. A livello finanziario ci sono ancora impedimenti agli investimenti. Un esempio sono i mutui islamici che prevedono una compravendita, ovvero la banca compra l’immobile che viene a sua volta affittato dall’acquirente che ne entra in possesso nel momento in cui paga tutte le rate.
In Italia il percorso è molto diverso, inoltre ogni transazione viene tassata. «Questo fa sì – prosegue Fatimah Habib Eddine – che il mercato immobiliare resti poco appetibile per la popolazione islamica. Anche per quanto riguarda i prodotti italiani, in realtà nei Paesi islamici sono ancora di nicchia». Restano, comunque, i dati di un export in buona salute, almeno al momento. Il segretario generale della Camera di Commercio negli Emirati Arabi, Mauro Marzocchi, tra i relatori al Forum di Torino, ne cita alcuni: più 14,2% nei primi sei mesi di quest’anno rispetto al primo semestre 2014 e addirittura un balzo del 30% nell’agro-alimentare.
In pole position nel «mettersi in regola» con la certificazione halal la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, ma anche le altre regioni, tra cui il Piemonte che conta una decina di aziende predisposte, stanno sempre di più comprendendo l’importanza di aprirsi a una fetta di consumatori in espansione. «Negli alimenti – spiega Hamid Roberto Distefano dell’ente certificatore – si tratta di verificare che non ci siano ingredienti proibiti, come quelli di origine suina o a base di alcol». «Essere certificati halal - aggiunge Marzocchi – non comporta per l’azienda particolari impegni. È soprattutto il settore carni il più interessato, insieme a cioccolato, biscotti, pasta».