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 2015  ottobre 20 Martedì calendario

La psoriasi è provocata dal sistema immunitario che vede un nemico in una propria molecola. La soluzione è vicina

Dopo una caccia durata anni, lo hanno finalmente trovato. E adesso è il momento di metterlo fuori combattimento. Il nemico è una molecola piccola piccola (che gli scienziati chiamano peptide LL37) e averla identificata dimostra per la prima volta che la psoriasi è una malattia autoimmunitaria, una di quelle condizioni in cui il sistema immunitario impazzisce e invece di difendersi dalle minacce esterne sferza i propri attacchi verso il proprio corpo. Con effetti seri: arrossamenti, placche, prurito, dolori articolari, combattuti a suon di creme, antiinfiammatori e farmaci biologici. Anche se mai risolti una volta per tutte per 130 milioni di persone che ne soffrono nel mondo, 3 delle quali solo in Italia. Ma la scoperta del team di Antonio Costanzo della Sapienza di Roma, azienda ospedaliera Sant’Andrea, e di Roberto Lande dell’Istituto Superiore di Sanità potrebbe capovolgere la lotta alla psoriasi, puntando sulla prevenzione piuttosto che sulla cura. Come? Evitando che tutto abbia inizio, bloccando la reazione autoimmunitaria sul nascere. Per capire come sarebbe possibile è necessario fare qualche passo indietro e scoprire che ruolo ha LL37 nella genesi della malattia. È una molecola ad attività antimicrobica, che normalmente partecipa alla difesa del nostro organismo dai germi. Nelle persone con psoriasi però il sistema immunitario, invece che riconoscerlo come alleato, lo scambia per nemico; i linfociti T lo identificano come estraneo e gli scatenano contro una risposta immunitaria e infiammatoria che porta da ultimo alla formazione delle placche. «Se riuscissimo in qualche modo a impedire l’attivazione dei linfociti T, riusciremmo a prevenire la reazione infiammatoria alla base della psoriasi», spiega Costanzo. E in teoria modi per farlo non mancano. Il team di ricerca di Costanzo è già al lavoro per capire quali siano le strategie più efficaci. Le analisi condotte in laboratorio hanno mostrato per esempio che ci sono piccole molecole che spiazzano il Dna coinvolto nell’azione dei linfociti e sono molto efficaci nel bloccare l’infiammazione. Ben più ambizioso però è il progetto di mettere a punto un vaccino: «L’idea che abbiamo è quella di istruire il sistema immunitario a riconoscere questo peptide come estraneo, inducendo la produzione di anticorpi che lo sequestrino e impediscano l’attivazione dei linfociti T – spiega Costanzo – se gli studi sui modelli animali confermeranno che questo è possibile, allora potremmo mettere in piedi un programma preventivo, per esempio per i soggetti più a rischio, come quelli geneticamente predisposti». In attesa del vaccino di Costanzo, le speranze sono riposte nei farmaci. Tra il 2017 e il 2019 è atteso l’arrivo di due nuovi biosimilari (farmaci biologici simili a quelli già in commercio il cui brevetto è scaduto, e quindi meno costosi) che potrebbero rivoluzionare la cura del paziente, anche sotto il profilo dei costi. Ad oggi infatti l’unico biosimilare disponibile per la psoriasi – un anticorpo monoclonale diretto verso una molecola infiammatoria alla base della malattia, il Tnf – è poco utilizzato dai dermatologi. Soprattutto per un motivo: la difficoltà di somministrazione, per endovena invece che sottocute. «E con i pochi infermieri e le poche strutture ambulatoriali che abbiamo utilizzarlo non è semplice», commenta Giampiero Girolomoni, presidente della Società italiana di Dermatologia.