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 2015  ottobre 20 Martedì calendario

Il nuovo governo libico (oggi l’accordo, ma Tobruk è contraria) deve resistere almeno 40 giorni

ROMA. Il 20 ottobre di 4 anni Muhammar Gheddafi veniva ucciso in un canale di scolo vicino a Sirte, la sua città natale. Da allora la Libia è precipitata in un vortice di caos, violenza e terrorismo. L’Is, lo stato Islamico, si è insediato a Derna e proprio a Sirte. Ma soprattutto milizie di ogni colore ed etnia si sono spartite il paese e combattute senza sosta.

Oggi 20 ottobre scade il termine entro cui i parlamenti-rivali di Tripoli e Tobruk, che si combattono per l’egemonia nel paese, devono votare il “Governo di Accordo Nazionale” (GNA) proposto dall’inviato Onu Bernardino Leon: da Tobruk ieri sera è arrivato un deciso “no” all’intesa. Elemento che complica ulteriormente il già complesso quadro.
L’accordo prevede un Consiglio di Presidenza con un premier, 3 vice-premier e 2 ministri di Stato. Ma in queste ore chi si sente escluso o chi ha intenzione comunque di combattere contro il GNA affila le armi.
Ad Ovest, nella regione di Tripoli in cui è al governo una coalizione di milizie islamiste e della città di Misurata, il più potente dei dissidenti è il deputato-miliziano Salah Badi. Uno dei più abili capi della rivoluzione contro Gheddafi, da mesi, era stato mandato dal consiglio di Misurata prima a controllare Tripoli, poi a combattere contro Zintan, che è controllata da milizie nemiche da quelle di Misurata.
Di fatto Badi però adesso è fuori del controllo di Misurata: sostenuto da parte delle milizie islamiche più radicali, non ha nessun interesse a sostenere un accordo politico che inevitabilmente ridimensionerebbe il suo ruolo.
Dall’altra parte della Libia, a Tobruk, il primo ad essere fuori controllo è l’ex generale gheddafiano Khalifa Haftar. Con l’appoggio dell’Egitto un anno e mezzo fa Haftar prima annunciò una specie di golpe a Tripoli e poi si spostò a Bengasi per combattere i terroristi di Ansar Al Sharia. Non è riuscito a vincere la partita militare sul terreno, ma soprattutto ha aperto una partita interna al fronte anti- integralista, innanzitutto col primo ministro di Tobruk, il moderato Al Thinni. Haftar ha tutto da perdere da un accordo con Tripoli: ricattando e minacciando Al Thinni si era fatto nominare “comandante supremo” dell’esercito libico. Vorrebbe mantenere la carica nell’esercito della Libia riunificata, ma è inaccettabile anche ai più moderati dalla parte di Tripoli.
Dicono che abbia pronto un altro golpe, la creazione di un “consiglio militare” d’emergenza. Ma dicono anche che l’Egitto abbia capito che lui non potrà essere il nuovo Gheddafi, capace di stabilizzare la Libia.
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I primi 40 giorni saranno decisivi. Se l’Onu e la Ue riusciranno a sostenere il “Governo di Accordo Nazionale” libico nei primi 40 giorni di vita forse ci saranno possibilità di sopravvivenza. Altrimenti la partita sarà difficilissima, la guerra intestina riprenderà, l’Is allargherà gli spazi in cui colpire. È questa la sintesi di un piano d’azione che ieri pomeriggio il “ministro degli Esteri” della Ue Federica Mogherini ha presentato ai 28 paesi dell’Unione. È un piano europeo per la stabilizzazione del paese presentato proprio nel momento in cui (oggi) i parlamenti di Tripoli e Tobruk dovrebbero votare o meno il Governo di Accordo Nazionale proposto dall’inviato Onu Bernardino Leon. «Lo ripetiamo da tempo, l’Europa è pronta ad aiutare la Libia, a pacificare il paese, a sostenerlo», dice l’Alto rappresentante, «ma questo è un processo che i libici devono guidare, devono condividere fra di loro, altrimenti non porterà a nulla». L’urgenza per la Ue è doppia: in Libia la situazione umanitaria è in caduta libera. Poi il terrorismo, con il radicamento sempre più pericoloso dello Stato islamico in città come Derna o Sirte. Nel piano presentato ieri si coglie l’urgenza che il “ministro degli Esteri” comunitario assegna a questa crisi: «Dal primo momento, dal “giorno zero” dobbiamo essere pronti a offrire tutto il nostro supporto al Governo di Accordo Nazionale; il nostro obiettivo immediato deve essere sostenere il GNA in maniera che possa operare effettivamente, dovremo offrire assistenza tecnica per rafforzare le sue capacità». Il rapporto interno dell’Unione Europea sottolinea anche che «i libici devono percepire i benefici tangibili dal ritorno alla pace e alla stabilità nel loro paese, e anche per questo l’Unione Europea dovrà continuare nel suo sostegno alle municipalità locali, al sistema sanitario e al miglioramento delle condizioni di sicurezza». Nella filosofia per un intervento europeo in Libia c’è poi l’attenzione alla migrazione e al controllo delle frontiere: «La formazione di un GNA offrirà la possibilità di condividere la cooperazione con i libici in questi settori». L’Unione europea ha già pronti programmi per 100 milioni di euro da impegnare nei vari settori dell’“institution building”, ovvero del rafforzamento delle istituzioni libiche con missioni di addestramento e assistenza militare (polizia, esercito, ministeri, ma anche agenzie sanitarie, sistema ospedaliero ed educativo). Il tutto per un programma che è pronto a partire “dal Giorno Zero al Giorno 180 e oltre», un primo lasso di tempo di 6 mesi per provare a dare uno shock positivo al paese. Non è affatto chiaro se le parti libiche approveranno il governo guidato dal premier- designato Fayez al Serray, ma in molte riunioni la stessa Ue e le Nazioni Unite da mesi hanno affrontato il tema di sanzioni mirate contro chi volesse far fallire il piano di pace. Intanto la Ue elenca le cose da fare: «Far ripartire i programmi sospesi, in maniera da permettere al GNA di essere immediatamente operativo: sono già disponibili 4 milioni di euro delle Misure di Assistenza Eccezionali alla Libia varate l’11 agosto e altri 3 milioni di euro del Capacity Building and Public Administration Facility». Al secondo punto «la riattivazione dei 13 programmi (totale 55,7 milioni di euro) rivolti direttamente al popolo libico perché possa ricevere un “dividendo della pace” immediato, attraverso il sostegno ai governi locali/ municipalità, sistema sanitario (addestramento di infermieri), protezione, me- dia (addestramento di giornalisti libici) e una campagna immediata di sminamento». Altri 3 milioni sono già pronti per un programma immediato per «ridurre il livello di violenze locali» legate a rivalità tribali. Ancora: assistenza nel controllo delle migrazioni. «La Ue è il principale donatore in questo settore, con Oim e Unhcr come partner principali». E in questo settore, l’assistenza ai migranti e il controllo dei flussi illegali, la Ue ha deciso di far ripartire appena possibile i suoi programmi. Il capitolo più delicato è chiaramente quello della sicurezza, perché anche con un GNA libico in carica, le condizioni di sicurezza difficilmente miglioreranno in fretta. «Il Libyan Political Agreement prevede la creazione di un Consiglio di sicurezza temporaneo che riferirà al primo ministro e che guiderà insieme alla missione Onu il lavoro nel settore della sicurezza». «Una missione di assistenza militare, se politicamente accettabile per i libici, richiederà comunque del tempo per essere dispiegata: il problema – scrive la Ue – è come fornire un sostegno di sicurezza immediato al GNA nelle prime settimane decisive dal Giorno Zero al Giorno 40». Il rapporto spiega che «sin dal 2014 il security planning per la Libia è stato condotto in una condizione di assenza delle istituzioni libiche dovuto al collasso del governo, all’evacuazione della comunità internazionale e la conseguente mancanza di interlocutori». E sono proprio questi primi 40 giorni, per i pianificatori della Ue, che decideranno la vita o la morte del tentativo di pacificare la Libia, di avviare un processo di contenimento e poi di espulsione delle violenze e del terrorismo.