MilanoFinanza, 17 ottobre 2015
Il prossimo anno l’Italia crescerà tanto quanto la Germania, mettendo a segno un incremento del prodotto interno lordo del +1,2%
«Se l’Italia fa quel che deve fare, è più forte di tutti, anche della Germania. Penso che l’Italia tra dieci anni possa essere il Paese leader in Europa, anche più della Germania». Lo ha detto alla fine del mese scorso il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a New York nel corso di un dibattito con l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e il finanziere George Soros.
L’ha sparata davvero grossa, avevano pensato in molti. Ma venerdì 16 ottobre il rapporto di previsione della società di consulenza Prometeia ha evidenziato che l’anno prossimo l’Italia crescerà tanto quanto la Germania, mettendo a segno un incremento del prodotto interno lordo del +1,2%. Prometeia ha inoltre rivisto al rialzo il pil per l’intero 2015 al +0,8%, grazie a una domanda interna più vivace del previsto, che compenserà il calo vistoso dei Paesi emergenti. La società di consulenza prevede che fino al 2018 il pil crescerà tra l’1% e l’1,5% annuo, ritrovando un ritmo che non si vedeva dagli anni 90. L’attuale fase di ripresa è una delle più ricche, per posti di lavoro creati, degli ultimi 25 anni. Il sostegno alla crescita viene dalle condizioni del mercato del lavoro in via di miglioramento e dall’approccio espansivo della finanza pubblica. Gli effetti dell’Expo e del deprezzamento dell’euro si tradurranno in un aumento dei flussi turistici in entrata nel 2015. Poi, nel 2016 ci sarà il Giubileo, che si presenta molto diverso da quello precedente del 2000 e pertanto di più difficile valutazione in termini di impatto economico, ma dovrebbe consentire un ulteriore incremento della spesa turistica rispetto ai livelli già elevati del 2015.
Crescita economica e sgravi fiscali potrebbero portare a una crescita di occupazione nell’ordine di 110 mila addetti nel 2015 e di circa 180 mila nel 2016. «Il rallentamento del commercio globale ha effetti più pesanti sulla Germania», ha sottolineato Stefania Tomasini, responsabile economia Italia di Prometeia. «Le imprese tedesche sono più forti in Cina, in Brasile e in altri Paesi emergenti rispetto a quelle italiane. Queste ultime, poi, hanno caratteristiche tali da renderle più resistenti alle difficoltà degli emergenti». Quest’ultimo fattore è messo in evidenza anche dall’ultimo Bollettino economico di Bankitalia, secondo cui «la maggior parte delle imprese valuta che gli effetti diretti del rallentamento dell’economia cinese sulla propria attività siano finora contenuti; sarebbero più marcati solo per alcune grandi aziende esportatrici». A dare una marcia in più all’Italia, ha osservato Tomasini, c’è poi la politica fiscale espansiva che il governo ha deciso di attuare, al contrario della Germania. Renzi ha dichiarato che «se Bruxelles boccia la legge di Stabilità, noi gliela restituiamo tale e quale. Bruxelles non è un maestro che ci dice che cosa fare, è un’istituzione a cui diamo 20 miliardi di euro ogni anno e ne riceviamo indietro 11. Ogni anno, quindi, diamo 9 miliardi all’Ue. Non ci può dire quali tasse tagliare. Basta con l’atteggiamento tafazziano di dire: ora Bruxelles ci boccia. Anche perché l’Italia è l’unico Paese a rispettare il deficit del 3% e il Fiscal compact». Un atteggiamento combattivo nei confronti dell’Ue che non si vedeva da decenni. Un cambiamento a cui ha certo contribuito lo scandalo Volkswagen, che ha indebolito la Germania. Secondo Prometeia, il Dieselgate potrebbe deprimere l’intera domanda di consumi in Germania a causa dell’effetto negativo sulla fiducia delle famiglie tedesche, legato sia all’incertezza sull’occupazione che alla perdita di reputazione. D’altronde il primo dato post-scandalo va proprio in questo senso: a ottobre l’indice Zew sulla fiducia delle imprese tedesche è precipitato a 1,9 punti dai 12,1 di settembre. Dati i tempi brevi con cui il gruppo di Wolfsburg ha dichiarato di voler sanare la situazione, prosegue Prometeia, il clima di fiducia subirà un deterioramento solo nel quarto trimestre di quest’anno. Ciò potrebbe determinare una riduzione della crescita dei consumi in Germania di circa lo 0,3% nell’arco di quattro trimestri. Nel 2016 la riduzione dei consumi sarebbe più marcata (-0,2%) con effetti negativi anche sugli investimenti e con un impatto complessivamente negativo sul pil dello 0,15% nella media d’anno. Insomma, sarebbero proprio gli effetti dello scandalo Volkswagen a parificare la crescita del pil tedesco a quella dell’Italia nel 2016. Una volta assorbito il colpo, secondo le stime di Prometeia, già nel 2017 la Germania dovrebbe tornare a crescere più dell’Italia (+1,6% contro +1,4%). Più ottimista è Bankitalia. Nel suo Bollettino ha segnalato che Italia l’attività economica ha ripreso a crescere dall’inizio del 2015, a ritmi intorno all’1,5% annuo. «I segnali congiunturali più recenti – tra i quali l’andamento della produzione industriale, il rafforzamento della fiducia di famiglie e imprese e le inchieste condotte presso i responsabili degli acquisti – indicano la prosecuzione della crescita nel terzo trimestre a tassi analoghi a quelli della prima metà dell’anno», si legge nel Bollettino. «All’espansione del prodotto sta contribuendo, dopo anni di flessione della domanda interna, il consolidamento della ripresa dei consumi privati e il graduale riavvio degli investimenti in capitale produttivo». Bankitalia ha quindi rilevato un consolidamento della ripresa del mercato del lavoro, sottolineando che a favorire questo andamento sono stati anche la decontribuzione decisa nella scorsa legge di stabilità e il Jobs Act. «Nell’area dell’euro», sottolinea inoltre il Bollettino, «prosegue la ripresa, ma vi sono rischi al ribasso che il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea è determinato a contrastare».
Alla luce delle analisi di Bankitalia e di Prometeia, la situazione è chiara: l’Italia ha l’occasione di agganciare la Germania a causa dell’effetto Volkswagen e può contare sull’ampliamento del Quantitive easing della Bce se la congiuntura dovesse indebolirsi. La rete di protezione messa in atto da Mario Draghi dovrebbe estendersi oltre il settembre dell’anno prossimo. Ma per una vera accelerazione del pil è indispensabile che Renzi abbia la forza di attuare le politiche espansive. E qui entra in gioco Bruxelles. Bisogna vedere se lo scandalo Volkswagen indebolirà Berlino al tavolo delle trattative. Certo, come ha detto l’ex presidente della Commissione Europea Romano Prodi, «il caso Volkswagen ci obbliga a riflettere» perché «si tratta di una violazione esercitata in un ambito particolarmente delicato, quello dell’inquinamento, nel quale l’Europa, sotto la guida tedesca, ha imposto a tutti regole severe e ha preteso di essere un esempio di coerenza e rigore». Risulta però un po’ difficile immaginare che quando si verrà al dunque il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble abbassi la cresta.