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 2015  ottobre 18 Domenica calendario

Storia della prostituzione del 1850 al 1910: dalla sedia fatta costruire per agevolare le acrobazie sessuali del principe di Galles alle brasserie à femmes. Ecco come i bordelli parigini hanno rivoluzionato il costume e la politica francese

In un’inattesa giornata di sole, migliaia di parigini fanno la coda aspettando di rinchiudersi nel Musée d’Orsay. L’occasione è ghiotta: per la prima volta una mostra racconta la storia della prostituzione dal 1850 al 1910 a Parigi, capitale del XIX secolo, ma soprattutto capitale del piacere e del divertimento. Organizzata per temi che seguono un’asse cronologico «Splendeurs& miseres. Images de la Prostitution 1850-1910» (fino al 17 gennaio) squaderna l’immaginario maschile sulle donne e sul sesso. Quadri, fotografie, cartoline postali coquines, oggetti di arredamento dei più famosi bordelli dell’epoca, fra cui una particolare sedia fatta costruire per agevolare le acrobazie sessuali del principe di Galles, futuro Edoardo VII, narrano l’intreccio fra il leisure time, i mutamenti politici e sociali, lo sviluppo urbanistico di una città e il dispiegarsi di un mestiere e di una condizione femminile fra spazi pubblici e privati. Ma è anche il racconto della costante attenzione e fascinazione degli artisti verso un mondo che appariva e appare enigmatico. Materia affascinante e al tempo stesso sfuggente il tema della prostituzione diventa, attraverso la visione di questa mostra, un punto di osservazione privilegiato per la storia sociale, per quella culturale e per la storia delle relazioni fra i sessi. 
La folla dei visitatori si fa più fitta in prossimità di certe stanze oscure, proibite ai minori, dove ci sono fotografie erotiche che all’epoca dovevano apparire pornografiche e che oggi vengono guardate con sufficienza ma anche con un pizzico di nostalgia. Ah, l’erotismo di una volta! sembrano suggerire gli sguardi dei visitatori maschi. Nei primi decenni del XIX secolo la prostituzione era già molto diffusa, soprattutto quella per strada ma è con il secondo impero che si sviluppa pienamente l a società del divertimento maschile. Mentre i grandes boulevards divengono il palcoscenico della borghesia e del consumo borghese con i grandi magazzini e un’apparenza di benessere e sicurezza, la prostituzione per strada si sposta nelle periferie e i luoghi del divertimento, caffè, teatri dell’opera, «brasserie à femmes», divengono occasioni per incontri molto ravvicinati. Ballerine di fila, cantanti, attrici sono l’oggetto del desiderio preferito dei ricchi parigini in cerca di piaceri irrealizzabili nella loro vita coniugale. All’Opera, per esempio, gli abbonati potevano andare liberamente nei camerini a trovare le ballerine, altri ricevevano prostitute professioniste nei palchi e durante i grandi balli o le feste di carnevale nei teatri il mondo borghese e quello della prostituzione s’incontravano senza freni. Ma è soprattutto la vita dei bordelli a essere osservata e rappresentata. Tutti i grandi artisti dell’epoca, quasi a seguire l’incitamento di Baudelaire a cercare nei luoghi oscuri della società la vita moderna, rivolgono lo sguardo lì dove desiderio maschile, miseria e splendore delle donne s’intrecciano, e ne diventano frequentatori assidui mescolandosi a banchieri, finanzieri, ministri, principi e sovrani. Le Chabanais, il bordello più famoso di Parigi, era soprannominato «la casa delle nazioni» proprio per il via vai di uomini di stato che lo includevano nelle loro visite ufficiali sotto l’indicazione «visita al presidente del Senato». Era il luogo preferito del principe di Galles.
Nella rappresentazione di questo mondo cambia la storia della pittura e dell’immagine della prostituzione. È soprattutto Toulouse Lautrec, che definiva i bordelli come il grande laboratorio dell’artista e che solo in quei luoghi si sentiva a proprio agio, a raccontarne i riti della vita quotidiana: amicizie e amori femminili, contrattazioni con i clienti, momenti di riposo e i rituali di preparazione come nel magnifico quadro «Femme tirant son bas». 
Ma chi erano i fiori del male, le grisettes, le belles de jour, le cortigiane? Chi erano e chi sono le prostitute ? Sono racchiudibili in una sola definizione? Quanti sono i modi, le declinazioni di questa professione, quali scelte di vita vi possiamo trovare e come muta lo sguardo dell’artista su questo mondo complesso e variegato? A me pare che il senso di questa mostra stia proprio nel suscitare queste domande. Di quadro in quadro vediamo la miseria e lo splendore, le donne macilente consumate dal lavoro e dall’assenzio, ma anche le stupende prostitute che dominavano Parigi, regine dei salotti e dei portafogli di banchieri e imprenditori. «Sono una cortigiana ed esercito la mia professione con gran piacere» dichiarava la bionda Valtesse de La Bigne,(Valtesse stava per diminutivo di vostra altezza) che aveva ispirato il personaggio di Nanà a Zola. Lo sguardo dell’artista sembra nel tempo abbandonare ogni visione romantica e pietistica e la povera giovane sfruttata viene sostituita dalla prostituta fiera di sé. L’Olympia di Manet esposta al salone del 1865 fece scalpore forse proprio per questo, non perché mostrasse un nudo femminile, ma perché poneva l’osservatore sotto lo sguardo fiero e quasi annoiato di una prostituta, conosciuta e riconosciuta in quanto tale. È da li che tutto cambia. Tutte le grandi opere della modernità, dalla Demoiselle de bord de la Seine di Courbet a Les Demoiselles d’Avignon di Picasso, mostrano donne che si mettono in posa con noncuranza, quasi con autoironia. Il corpo femminile è finalmente colto nella sua carnalità e nella sua naturalità senza falsi pudori, senza doverosi e accademici riferimenti mitologici. Cosce, pubi, ascelle vellutate, tutto viene mostrato e le donne sembrano essere finalmente riscattate da uno sguardo giudicante o pietoso. Sono donne fiere, vitali, sorelle finalmente vittoriose e vendicatrici delle immobili modelle d’atelier e delle povere ragazze perdute, e che rimandano alla più attuale delle domande: può la prostituzione essere considerata anche una libera scelta?