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 2015  ottobre 19 Lunedì calendario

Denise Pipitone, 11 anni di inchieste, ritrattazioni e false piste. E ancora non si sa nemmeno se sia viva o morta

Sono passati undici anni dalla scomparsa di Denise Pipitone. Jessica Pulizzi, la sorellastra della piccola, è stata assolta, per la seconda volta, dall’accusa di averla rapita in concorso con altri. Il procuratore Rosalba Scaduto, che per la Pulizzi aveva chiesto 15 anni, ha definito “obbligato” il ricorso in Cassazione. La famiglia della bambina continua a sperare che sia viva, ma solo il ritrovamento del corpo di Denise potrebbe fare luce su un rapimento che è, ormai, un omicidio presunto.
Dal 1974 al 2014 in Italia sono scomparsi 17.117 minori. Quando si perdono le tracce di un bambino il tempo è l’unica variabile significativa. Se, al passare delle 72 ore, non c’è nessun riscontro, bisogna prepararsi a cercare un piccolo cadavere. Il caso Pipitone è la conferma e la confutazione di queste premesse statistico-criminologiche.
Il primo settembre del 2004 Denise è a giocare nel cortile della sua abitazione, mentre la nonna prepara il pranzo in cucina. Alle 12,30 la madre Piera Maggio riceve una telefonata: da mezz’ora stanno cercando bambina, inutilmente. Giunta a casa, la Maggio trova i carabinieri già al lavoro. Partono le domande di rito: “Qualcuno che potrebbe voler fare del male alla sua famiglia?”. Piera non ha dubbi.
Mazara del Vallo è una piccola cittadina. I segreti di famiglia vanno difesi con le unghie e con i denti. Per trovare la figlia Piera Maggio e Toni Pipitone rivelano il proprio senza esitare. Denise è frutto di una relazione di Piera con Piero Pulizzi. La figlia di Pulizzi, Jessica, e la sua ex moglie, Anna Corona, non hanno preso bene la situazione. Denise è nata due anni dopo la separazione con Anna, ma per loro sarebbe “colpevole” di aver sottratto le attenzioni di Pulizzi per la figlia “legittima”. Battendo la pista, che sembra caldissima, della vendetta interfamiliare, gli investigatori sperano di chiudere il caso. “La bambina è viva e si trova in città”, dichiara il procuratore Silvio Sciuto.
Invece il tempo scorre e Denise diventa, con Angela Celentano, il simbolo nazionale dei “piccoli angeli” spariti nel nulla. Il suo faccino campeggia su migliaia di locandine, la stampa nazionale segue le ricerche con passione. Come nel caso del Monte Faito le segnalazioni arrivano da ogni parte. Anche una quindicenne di Santa Croce di Camerina chiama il numero verde per il caso Pipitone. Il suo nome è Veronica Panarello e non può sapere che, esattamente dieci anni dopo, sarà lei stessa a lanciare l’allarme per la scomparsa di suo figlio Loris, per il cui omicidio è sotto inchiesta.
Immancabile arriva anche la “pista dei Rom”. Nel 2005 una guardia giurata filma una bambina in compagnia di una donna sinti a Milano. Il modo in cui la chiamano, Danas, e la somiglianza fisica, accende le speranze, ma la smentita arriva presto. Nel 2005, la svolta “clamorosa”. Una cimice ha registrato Jessica Pulizzi pochi giorni dopo la scomparsa di Denise. A mettere nei guai la ragazza (17 anni all’epoca) è una piccola frase in dialetto detta alla madre: “Io a casa c’ai purtai”.
Così la pista familiare si riaccende e s’innesta persino a quella rom. Per gli investigatori Jessica ha prima “portato a casa” Denise e dopo potrebbe averla affidata a terzi, forse un gruppo di nomadi. Jessica va a processo assieme al fidanzato Gaspare Ghaleb (il suo reato, false dichiarazioni, è prescritto) ma viene assolta. In appello l’accusa ripesca un’intercettazione del 2004. Jessica, questa volta, parla con la sorella Alice: “Eramu ’n casa? La mamma l’ha uccisa a Denise”. Così dopo nove anni è una microspia a dichiarare, per la seconda volta, la morte di Denise.
Ci ha già provato nel 2007, il cognato di Piero Pulizzi, il pluriomicida Giuseppe D’Assaro. Ha detto che Denise è stata portata via dalla sua ex moglie, Rosalba Pulizzi, in una casa di Palermo, dove è stata stroncata dai barbiturici. Il corpo, conservato in un congelatore, è stato gettato in mare dallo stesso D’Assaro. Quest’ultimo, nel 2011, ha ritrattato: “Ho detto che era morta perché mi volevo accattivare gli inquirenti”.
Anche la registrazione che ha “condannato a morte” Denise non ha retto al passare del tempo. Il perito nominato corte ha stabilito che la frase di Jessica “in parte non si sente”, per cui non può inchiodarla. A dicembre del 2014 la procura – sulla base di quella intercettazione – aveva aperto un’inchiesta fascicolo per l’omicidio della Pipitone. L’assoluzione della sorellastra “riporta” in vita Denise?
Nelle scorse settimane la trasmissione Chi l’ha visto? ha rivelato che Piera Maggio è stata contattata su Facebook da una ragazzina di Tito, in provincia di Potenza, che sosteneva di essere Denise. La Denise 2.0 ha detto a Piera: “Mamma, sono io”, ma poi, davanti agli inviati di Chi l’ha visto?, ha negato. Questo non ha impedito alla bolla investigativa da social network di esplodere. Un testimone si è presentato al Tgr della Basilicata per avvalorare il “ritrovamento” di Denise. Il cognome della ragazzina in questione, lo stesso di una famiglia di nomadi che viveva in un campo di Mazara del Vallo, quando Denise è scomparsa, ha garantito un ultimo sussulto alla pista rom. Poi è arrivata la confessione della bambina: “Non sono io Denise, è stato uno scherzo”. I carabinieri le hanno comunque prelevato il dna. Tra due settimane un test dirà, di nuovo, se Denise è viva o morta.