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 2015  ottobre 19 Lunedì calendario

Costo complessivo del lavoro, in Italia aumenta ancora la zavorra del cuneo fiscale: solo la Romania riesce a fare peggio. Nel 2016 però le retribuzioni dovrebbero aumentare del 2,5%, nelle aziende medio-grandi

Un deficit di potere d’acquisto. È quello che affligge i dipendenti italiani che vengono superati dai colleghi di altri paesi europei. Va peggio per quadri e dirigenti: quelli italiani retrocedono anche a causa del maggiore costo della vita.
È quanto emerge da un confronto, realizzato da Mercer, con alcuni diretti competitor come Germania, Francia e Spagna. Il costo complessivo per l’azienda di un operaio, sposato e con due figli, in Italia è minore rispetto a quello di Germania e Francia e nel paese iberico riesce a essere più conveniente. Ma nella penisola il costo del lavoro continua a essere zavorrato da un cuneo fiscale che nel 2015 ha avuto, secondo le rilevazioni di Mercer, un ulteriore incremento.
Il 2016 porterà invece uno spiraglio sul fronte delle retribuzioni, che potrebbero vedere un aumento medio del 2,5 per cento. È quanto si dovrebbe verificare nelle aziende medio-grandi, nazionali e multinazionali con un fatturato di circa un miliardo e 2mila addetti, con risultati economici e finanziari mediamente positivi.
È quanto rivela l’edizione 2015 dell’Osservatorio sul costo del lavoro realizzato da Mercer, che domani sarà presentato a Milano. «Gli aumenti previsti rappresentano un segnale positivo da parte di questo campione di aziende che valutano le performance e la copertura del ruolo da parte del collaboratore – spiega Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia -. È inoltre una scelta che punta a valorizzare il merito del singolo nel raggiungimento degli obiettivi della società». Ci sono alcuni settori innovativi, come le scienze della vita e l’hi-tech, dove sono attesi degli aumenti superiori. In altri comparti come l’energia e i servizi finanziari gli aumenti potrebbero essere inferiori alla media.
Ritornando al cuneo fiscale, secondo l’analisi di Mercer, quello di una tuta blu italiana è cresciuto al 39%, con un aumento di quattro punti sul 2014. Per un quadro o dirigente raggiunge il 56% contro il 54%, mentre per una posizione apicale come quella di un direttore arriva al 60% dal 59 dell’anno prima. La Spagna è riuscita a ridurre di un punto il cuneo, la Francia l’ha aumentato, mentre in Germania le aliquote sono rimaste stabili. Solo la Romania, dove il costo totale per l’azienda di un operaio è di circa 10mila euro contro i 40mila dell’Italia, riesce a fare peggio, con un cuneo vicino al 44%. «L’attuale sistema di tassazione e contribuzione rende il nostro paese poco competitivo nel caso di un confronto sullo scacchiere internazionale – rimarca Morelli -. Un aspetto su cui riflettere per rilanciare l’economia e il mercato del lavoro in Italia».
Ci sono poi le novità contenute nella legge di Stabilità varata dal Governo, che vanno nella giusta direzione. «Si deve ridurre la pressione fiscale sul lavoro con una particolare attenzione ai benefit e al salario variabile – aggiunge l’ad di Mercer Italia -. L’utilizzo del welfare aziendale come componente del pacchetto retributivo è una prassi corrente nelle società del nostro campione». In prospettiva i benefit diventeranno una risorsa per attrarre e trattenere le risorse collegando tra loro salari, produttività e il miglioramento della competitività.
Per finire il trend retributivo dei neoassunti si attesta a livelli inferiori rispetto a chi è nel ruolo da oltre un anno. In Italia un neolaureato ha una retribuzione media di 26.500 euro, ma il collega tedesco si avvicina ai 50mila euro, mentre in Francia e Regno Unito la media è di 35mila euro. Gap che favoriscono la fuga dei giovani.