Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 19 Lunedì calendario

A Phillip Island Valentino Rossi non è andato bene come ci si aspettava

Prigioniero sulla propria isola, ma che strana storia è questa? È la storia di Valentino tradito da tutti. Dall’asfalto più amato, dall’amico Iannone e soprattutto dalla parte ingegneristica di sé: «Colpa mia e della squadra, abbiamo sbagliato il lavoro sabato: fossi partito più avanti sarebbe stata un’altra storia». Invece questa storia racconta di Rossi clamorosamente quarto a Phillip Island dietro Marquez, Lorenzo e Iannone e con un vantaggio ridotto da 18 a 11 punti su Jorge a due gare dalla fine. Non proprio ciò che il campione si sarebbe aspettato arrivando su una pista dove aveva vinto otto volte in carriera, e anche per questo la sua morale della favola è stata coloritamente efficace: «Sono orgoglioso dello spettacolo dato, ma mi girano i coglioni».
Lo spettacolo, appunto: è stata nettamente la corsa più bella dell’anno. Mai scontata, in continuo divenire, con quattro piloti e tre moto diverse racchiusi alla fine in un secondo. Un viaggio «infernale e d’altri tempi» (Rossi dixit) con tre scene madri memorabili. La prima è stato il frontale tra Iannone e un gabbiano che, poco dopo il via, si è schiantato sulla sua Ducati, rimanendo stecchito. Scena splatter mai vista. «Ho sentito un botto, mi è andata bene», ha detto poi Andrea. Il quale, superstar di giornata, è stato protagonista, stavolta volontario, anche della seconda scena madre: un doppio sorpasso su Marquez e Rossi da circo, folle solo a pensarlo, materiale da galleria del motociclismo, anche se l’autore l’ha vissuta come quotidianità: «Rossi e Marquez sono arrivati leggermente lunghi e ho avuto spazio per infilarmi». Semplice no?
La terza scena madre è stato poi l’ultimo giro, ideale metafora del batticuore che ritma la volata per il titolo. È iniziato con Lorenzo 1° e Rossi 4° (+6 teorico per Rossi in classifica), è proseguito con Lorenzo 1° e Rossi 3° (+ 9), Lorenzo 2° e Rossi 3° (+14) e si è concluso con il +11 finale per Lorenzo provocato dall’incredibile manovra vincente di Marquez che ha siringato PorFuera e dal sorpasso di Iannone su Rossi.
A qualcuno sembrerà la crudele pugnalata alle spalle di un amico ingrato. Non è così. Lo sport insegna «a pensare solo a se stessi» (Iannone) e a farsene una ragione se sei il gabbato: «È stato bravo. Nel corpo a corpo Andrea è fortissimo. E se perderò il titolo per questi 3 punti rimarremo amici comunque…» (Rossi). E Lorenzo? «Quando Marquez mi ha passato ci sono rimasto male, ma quando ho visto che Vale era quarto mi sono ripreso. Stavolta Iannone è stato mio amico… Bravo, da italiano non ha fatto favori a Rossi». Ma temeva davvero, Jorge, che potesse andare altrimenti?
Adesso, tecnicamente, Rossi ha un match point mondiale: gli «basterebbe» guadagnare 15 punti su Lorenzo in Malesia fra 6 giorni. Fantamoto.
Meglio essere realisti, pensare che tutto finirà a Valencia l’8 novembre e provare a trarre il meglio dal momento: «Ormai la mattina mi sveglio e penso a quanti punti ho su Lorenzo… È stressante, ma se fossi 4° a 100 punti sarei più rilassato e meno contento». Vincere non è comodo nemmeno per le leggende.