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 2015  ottobre 19 Lunedì calendario

Il Senato come lo vuole Renzi stava nel programma elettorale di Prodi (che adesso è contrario)

Caro Romano, il 6 dicembre 1995 furono presentate pubblicamente le «Tesi per la definizione della piattaforma programmatica de L’Ulivo», cioè il programma elettorale della coalizione guidata da Romano Prodi che sfidò, con successo, il Polo per le Libertà alle elezioni politiche del 21 aprile 1996. La Tesi n° 4, intitolata «Una Camera delle Regioni» e ricordata da Matteo Renzi all’assemblea dei senatori del Pd, così recita testualmente: «La realizzazione di un sistema di ispirazione federale richiede un cambiamento della struttura del Parlamento. Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle Regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole. Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle Regioni rappresentate. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell’attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la deliberazione delle sole leggi che interessano le Regioni, oltre alle leggi costituzionali». Dopo 20 anni finalmente il Pd riesce a realizzare la riforma programmata venti anni fa e chi sono stati i suoi più aspri avversari? L’ala sinistra dei senatori pd e, incredibilmente, lo stesso Prodi. Vorrei capire da che parte sta la coerenza e cosa meraviglia l’opposizione e l’opinione pubblica (almeno quelli che da venti anni seguono la politica italiana). Angelo Tirelli, Milano.
Grazie per avere ricordato un testo interessante. Quello a cui abbiamo assistito è soltanto uno dei molti malesseri che hanno afflitto la sinistra democratica ogniqualvolta era in discussione una svolta innovativa. Per esempio, quando decise di andare al governo con la Democrazia cristiana e i social de- mocratici di Giuseppe Saragat la minoranza massimalista uscì dal Partito socialista italiano per creare il Partito socialista di unità proletaria.