Corriere della Sera - La Lettura, 18 ottobre 2015
Carlo Boccadoro, il musicista che compone guardando House of Cards
I compositori, da sempre, si dividono in due gruppi: quelli che inventano musica ascoltando ciò che fanno, e quelli che lavorano al tavolino, nel silenzio. Beethoven ad esempio, colpito dalla sordità, si era fatto costruire ingombranti dispositivi acustici pur di poter ascoltare il suono del proprio pianoforte mentre componeva. E Stravinskij ha sempre scritto musica seduto allo strumento: «Penso che sia mille volte meglio comporre a contatto diretto con il suono – spiegava – che lavorare sul prodotto della propria immaginazione». Ma Schubert non aveva problemi a sedersi in un angolo e tirar fuori un Lied. E Milhaud ha raccontato di aver composto molta musica in treno.
È però davvero sorprendente entrare nello studio di Carlo Boccadoro, uno dei nostri compositori più interessanti, e scoprire che lui supera tutti in originalità: compone davanti alla televisione accesa. Seduto al tavolo, con foglio e matita, scrive musica mentre sullo schermo scorrono le puntate di House of Cards, una delle sue serie preferite. «Comporre – spiega alla “Lettura” – è un’occupazione lunga e molto solitaria; quindi mi piace avere compagnia quando lavoro, guardando dei film o ascoltando musica che non c’entra nulla con quella che sto scrivendo. Metto in attività due zone diverse del cervello, che lavorano in contemporanea, e nessuna influenza l’altra. Ho scritto pagine molto drammatiche ascoltando rock scatenato, e ho scritto canzoni per bambini ascoltando Stockhausen».
Ma ciò che le entra nelle orecchie mentre compone non finisce con l’influenzare le sue partiture?
«No: da questi ascolti esterni non nasce nessuno spunto, non mi viene nessuna idea. Lavoro sulla mia musica e sono impermeabile al resto. È che sono abituato da sempre a concentrarmi totalmente su quello che faccio senza farmi influenzare da fattori esterni, e devo questa capacità allo studio delle percussioni che ho fatto in Conservatorio da ragazzo: eravamo in sei in una piccola aula, e spesso gli altri cinque allievi studiavano cose diverse dalle mie nello stesso momento. Ho imparato presto a focalizzare l’attenzione sul lavoro da fare al momento, senza distrarmi».
E non le piace mettersi al pianoforte, avere un approccio fisico con la musica che inventa?
«Ho sviluppato fin da subito l’orecchio interno e quindi non ho bisogno di scrivere al pianoforte. Se fisso una nota sulla carta la sento automaticamente nel cervello, e dunque non la devo riascoltare “dal vivo”, per così dire. Questo mi permette di scrivere ovunque: in treno, in albergo, in mezzo al caos. È una cosa molto utile quando sono in ritardo con le consegne dei pezzi».
Del computer che cosa dice? I software per la notazione ormai sono eccellenti, evitano il passaggio attraverso il copista, semplificano la preparazione delle parti staccate… E puoi anche lavorare su un iPad, in treno o in aereo.
«Niente computer per me: uso il righello, una splendida matita a mine realizzata a mano (su ordinazione) da un artigiano negli Usa e soprattutto uso la gomma che, come diceva Stravinskij, è lo strumento più importante per il lavoro di compositore».
Ora però sta scrivendo un’opera da camera, e immagino che lì le cose cambino un po’. Canta mentre scrive? E come fa a cantare ascoltando altra musica?
«Con il teatro musicale, in effetti le cose sono un po’ diverse, perché devo cantare le linee vocali. In questo caso non ascolto altra musica ma guardo intere filmografie (Fellini, Welles, Kubrick, Hitchcock, Spielberg e molte altre) oppure vedo delle serie televisive. In questo momento, scrivendo un’opera su Re Lear, mi sembra appropriato guardare serie come House of Cards e Boardwalk Empire, che, proprio come la tragedia di Shakespeare, parlano dei guasti derivati dalla gestione del Potere…».
Non sta però portando in scena «Re Lear»: in «Oltre la porta», questo è il titolo, sviluppa una riflessione ulteriore, laterale rispetto a quella shakespeariana.
«L’idea di un’opera su Lear è venuta a me in collaborazione con Cecilia Ligorio, che ha steso il libretto. Sia chiaro: non tradiamo la tragedia originale. Tutto viene rispettato, ma lo osserviamo da un punto di vista diverso: quello delle tre figlie di Lear. Non c’è bisogno di far vedere lui: ogni parola della pazzia finale è riferita dalle figlie nelle loro conversazioni e la trama si segue comunque bene. E poi mi piaceva molto l’idea di avere in scena solo tre voci femminili, cosa che non avevo mai fatto nei miei lavori di teatro musicale. Al Festival di Stresa, dove l’opera debutterà il prossimo agosto, saranno quelle di Alda Caiello, Giulia Peri (soprani) e Gabriella Sborgi (mezzosoprano)».
È un’opera quasi tascabile, con un organico di solo nove strumenti. Per molti compositori l’opera da camera nasce più per necessità che per scelta: ci si adatta a un organico da tempi di crisi. È così anche per lei?
«Nel mio caso il teatro musicale è una cosa piccola rispetto alla mia attività principale, quella di scrivere per orchestra e per formazioni cameristiche. Per il teatro musicale ho fatto pochi lavori e tutti di dimensioni brevi, con organici piccoli, perché non credo nel modello del melodramma quando scrivo, mentre lo adoro da ascoltatore. Preferisco partiture più asciutte ed essenziali. Qui ci sono nove strumenti ma sto già pensando a un altro lavoro che ne avrà ancora di meno».
Come ha fatto in altri casi, anche per «Oltre la porta» sarà lei il direttore. Saperlo fin d’ora influenza la sua creatività?
«Essere direttore d’orchestra è utilissimo per imparare a scrivere solamente ciò che serve davvero, senza distrarsi in grafismi o giochetti che magari sono belli sulla carta ma che fanno perdere un mucchio di tempo durante le prove. Si diventa molto più pragmatici quando si hanno poche ore di prova e si deve portare a casa un risultato».
L’esperienza le sarà utile anche per il bis che le ha appena commissionato la Filarmonica della Scala, immagino.
«Senz’altro. Per la Filarmonica della Scala e Riccardo Chailly scriverò un brano brevissimo (quattro minuti) con lo stesso organico orchestrale dell’Ouverture de I Vespri siciliani di Verdi. Verrà proposto come bis durante il tour europeo dell’orchestra nel settembre-ottobre 2016».
Il 22 ottobre per Marcos y Marcos esce un suo libro di fiabe, con allegate musiche molto facili. Di che cosa si tratta?
«Si intitola La grande battaglia musicale e contiene fiabe ambientate in un paese che si chiama Notina. Sono storie buffe, tenere e un po’ surreali».