la Repubblica, 18 ottobre 2015
Estancia, la città del New Mexico dove diventa sindaco chi vince a carte
Ti resta addosso la polvere, come quando le illusioni crollano, siano la vittoria, la vendetta, la democrazia. Polvere del deserto del New Mexico, balle di rovi che s’inseguono come nel nulla dove abita Spike, il fratello di Snoopy. I più proseguono per Santa Fe, a farsi avvolgere dall’energia psichica; Taos per osservare da vicino che cosa dipingesse veramente Georgia O’Keefe; Albuquerque per volare in mongolfiera sopra tutto questo. Io mi sono fermato a Estancia: 15 chilometri quadrati, 1606 abitanti (poco più di 100 per chilometro quadrato), un quarto dei quali sotto la linea di povertà (reddito medio: 8479 dollari l’anno). Case basse dall’apparenza precaria, un finto saloon per intrattenere improbabili turisti. E quindi? Qualche mese fa ho raccontato dell’isolotto di Qornoq, in Groenlandia, evacuato dopo che il riscaldamento globale ha fatto fuggire la sola risorsa, ossia i pesci, ma che continua a eleggere il sindaco in esilio a Nuuk, senza che la carica abbia più alcun potere. Era un atto nella commedia della democrazia. Estancia è quella successiva. Nel New Mexico la legge elettorale prevede che, in caso di parità tra due candidati al termine di una votazione, non ci sia un ballottaggio vero e proprio, ma la scelta venga affidata a un gioco d’azzardo. I contendenti possono scegliere l’arma, come in un duello: carte o dadi. Nelle cittadine con pochi residenti l’avvenimento è tutt’altro che straordinario: è accaduto due volte a Edgewood. A Estancia, tre. Nel 1998 hanno “eletto” in questo modo il sindaco Farrington (colore di cuori, uno sfacciato). Nelle altre circostanze un consigliere comunale. Jose Chavez Richards e Michelle Dunlap, per dire, avevano ottenuto 81 voti a testa, contati e ricontati. Si conoscevano e si stimavano, benché da fronti opposti. Si incontrarono, come da regolamento e scelsero le carte, una mano secca di poker, Texas holdem, come viene chiamato. Il giudice locale li convocò per il giorno successivo nella palestra della scuola. Durante la notte misero file di panche per ospitare la cittadinanza che accorre sempre numerosa in queste circostanze: altroché astensionismo, la democrazia è uno spettacolo. Manca soltanto il maxischermo per proiettare quel che accade al tavolo, ma arriverà: questo è un reality, questa è la realtà. Il giudice posò davanti a sé il mazzo nuovo di zecca, aprì il contenitore e sollevò le carte perché il pubblico potesse verificare che erano ancora sigillate dal cellophane. A qualcuno nel retrobottega della memoria sembrò di vedere i gesti di un prestigiatore, tuttavia pensò: qui non c’è trucco, non c’è inganno. La confezione fu strappata e il magistrato eliminò i jolly poi cominciò a mescolare. Si fermò. Riprese per un secondo giro. Si fermò definitivamente. Fece tagliare il mazzo prima a Jose poi a Michelle. Il pubblico rumoreggiava, poi si azzittì di colpo. Le carte vennero disposte sul tavolo: si stava compiendo il rito che da Atene arriva fino a Estancia, per le tortuose vie della storia. Tutta la vicenda elettorale americana assomiglia in realtà a un grande gioco, una specie di campionato con le qualificazioni, i play off, il Superbowl a novembre. Pochi votano, molti tifano. Il New Mexico ha legalizzato la scommessa, tolto la maschera al ballo. Cinque carte scoperte, due a faccia in giù. La lunga notte del 2000 in cui si affrontarono George W. Bush e Al Gore aveva e ancora ha più segreti nella manica. Questa sfida è trasparente: carta a lui, carta a lei, scoprire. Dura meno di un minuto e vince Jose con una coppia di nove contro il deserto di Michelle. Si alzano e si abbracciano come il post-fascista e il mezzo comunista interpretati da Amendola e Bucci in Caterina va in città. La loro città, Estancia, ha completato il democratico procedimento elettorale. A quanti stessero considerando queste pratiche con aria di superiorità va ricordato che nella democrazia italiana il presidente del consiglio non è stato eletto dal parlamento, che quasi trecento parlamentari hanno cambiato casacca passando a partiti che osteggiavano quando si sono fatti votare, che il governo è sostenuto da formazioni non presenti sulla scheda elettorale, che esiste Denis Verdini. Qualche settimana fa, molto tempo dopo essere stato a Estancia, ho raccontato questo sistema a David Van Reybrouck, lo scrittore belga autore di Contro le elezioni. Nel libro sostiene l’opportunità di sostituire il voto con il sorteggio. Ai più sembra inconcepibile, ma accettano serenamente le quotidiane degenerazioni di un sistema che viene tramandato come un postulato di Euclide o una verità teologale, ma finisce per premiare chi ha più finanziamenti e meno remore nel manipolare il consenso. E magari risolve i dubbi con una mano di poker. Per Estancia non ce ne sono, di dubbi: una montagna di schede o una coppia di nove, sempre carta è.