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 2015  ottobre 18 Domenica calendario

La fatica di Jude Law per indossare il costume da Papa

Il primo divo della Festa di Roma è il giovane papa Jude Law. L’attore inglese, 42 anni, salta il tappeto rosso e arriva sul palco dell’Auditorium in giubbino di pelle nera, tra urla delle fan emozionate che sono riuscite a procurarsi il biglietto. La curiosità maggiore è per la serie The Young Pope di Paolo Sorrentino, che Law sta girando a Roma: «Ho sempre seguito e ammirato i film di Sorrentino. E dopo La grande bellezza ho detto a chiunque incontrassi che avrei voluto lavorare con lui. Meno di un mese dopo mi è arrivata la sceneggiatura del suo nuovo progetto e io ho colto subito l’occasione straordinaria. Interpreto un papa americano nell’era contemporanea. Sono qui dallo scorso agosto, giriamo al centro della capitale questo film di otto ore per la Hbo. Tra i privilegi di fare il mio mestiere c’è la possibilità di vivere qualche mese in una nuova città. Imparare a conoscerla e ad amarla». Interrogato dal direttore della festa Antonio Monda, racconta: «Posso solo dire che sto molto in piedi. Ho un costume di scena scomodissimo che non si deve sgualcire. Sono costretto a sedermi su uno scomodo trespolo e con complicate manovre. Così passo quattordici ore praticamente senza sedermi mai. Il costume papale ha un aspetto favoloso, ma indossarlo è piuttosto faticoso». Nell’“Incontro ravvicinato” di oltre un’ora si ripercorre la filmografia principale di Law. Si parte dal gigolò meccanico di A.I. di Spieberg: «Ricordo che Steven mi mandò una sceneggiatura tratta da una lavoro di Stanley Kubrick che avrebbe dovuto produrre il film ma morì poco prima delle riprese. Per noi questo rese il progetto ancora più importante. Di Spielberg ammiro la capacità di non farti sentire un ingranaggio in una macchina ma parte di uno scambio continuo di idee. Ricordo che fu un’idea mia che il robot danzasse, presi anche lezioni». Riguardando scene dei film girati con Anthony Minghella, Ritorno a Cold Mountain e Il talento di Mr. Ripley – per entrambi candidato all’Oscar – sospira «è la prima volta che li vedo da quando sono usciti. Certo oggi ci sono tante cose che farei diversamente. Soprattutto vedo che ero molto più giovane». Arrossisce davanti alla scena di Wilde in cui canta, accompagnato al pianoforte: «Non so cantare». Ricorda con gioia il duetto con Sir Michael Caine in Sleuth- Gli insospettabili : «Riuscii a coinvolgere Harold Pinter e Mister Caine: avevamo pochi soldi ma la casa in cui eravamo scoppiava di talento. Lavorare con persone così alza il gioco, ti spinge in alto». Se deve spiegare la differenza tra cinema americano e inglese dice che «alla fine è una questione di soldi. Alcuni di questi film erano prodotti dagli studios, altri avevano mezzi limitati. Ma quando i mezzi sono pochi sai che le cose le fai per amore e trovi l’energia anche quando hai poco tempo per girare. I film non sono degli studios né degli attori, appartengono al regista». In chiusura consegna il suo frammento di cinema preferito, la scena con due bimbi in barca nella notte in La morte corre sul fiume, l’unico film da regista girato dal divo Charles Laughton: «Mia madre me lo fece vedere quando avevo sedici anni. Ero nel pieno del mio amore per il cinema e questo film mi ha fatto capire tutto quel che si poteva fare con questo strumento. Io vengo dal teatro e la capacità che ti regala di portarti altrove con l’immaginazione. È triste e ci fa riflettere sul destino del cinema il fatto che gli studios non abbiano capito il film e non gli abbiano consentito di fare mai più il regista. Un grande peccato».